Concerto a Pieve di Cadore, il 20 dicembre. Nel ricordo di Pasquale Amico

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Il mio ricordo di Pasquale

Pasquale Amico è nato il 20 aprile 1946 ed è morto il 12 giugno 2018. La mia vita e la sua si sono intrecciate. Allora ero vicario parrocchiale di Vigo di Cadore, con pievano il grande mons. Giovanni Maria Longiarù. Ero al mio primo servizio parrocchiale come sacerdote, essendo stato consacrato il 6 dicembre 1984 e mandato a Vigo poco dopo; vi giunsi il 13 o 16 marzo 1985 e vi rimasi fino all’11 novembre 1991. Monsignore ogni due o tre settimane andava a Pozzale, in visita ad una sorella anziana; Pozzale era il suo paese natale e vi andava sempre con gioia e grande partecipazione emotiva. Voleva lo accompagnassi e con noi c’era la domestica, Angela Ciotti, di Sottocastello. Quel volere che andassi con lui era per me una bellissima cosa, perché significava che mi voleva bene.

Fu in tali visite, come pure in quelle che lei faceva allo zio a Vigo, che conobbi la maestra Linda Longiarù, nipote diretta del pievano. E arrivò il momento in cui conobbi Pasquale e celebrai il loro matrimonio. Quanti ricordi, quante emozioni! Sembra ieri… Su certe cose il tempo sembra fermarsi o, almeno, rallentarsi.

Pasquale era un uomo gentile nel modo di fare, sorridente e cortese; quella cortesia e gentilezza erano autentiche, pulite, fiorivano (mi viene da dire così) nel suo cuore e ci facevano capire che il suo cuore era buono e grande. Non era difficile sentire la forza di quella gentilezza, cederle e, quando se ne avesse avuto bisogno, sapere di potersi appoggiare ad essa, lasciarsi sostenere da essa. La sua era la gentilezza degli onesti, la forza dei buoni.

E così amò la moglie e la figlie Gioia, il genero Carlo; era per loro l’appoggio e la spalla, la presenza discreta ma costante, quando necessario silenziosa e quando possibile briosa. Visse per la famiglia, completamente dedito alla famiglia; non saprei dove trovasse quella pienezza di vita che riversava, da vero padre e da vero marito, sui suoi cari. Non dava amore, come l’amore fosse un oggetto preconfezionato, lo creava, lo adattava, lo plasmava; come un grande fiume, così è stata la sua vita, e alle sue sponde cresceva ciò che in questa vita vale, sostiene, affratella e appaga. Le sue sponde sono state chi ha conosciuto nella vita, tutti, e coloro per i quali si è consacrato un giorno con la mia piccola benedizione all’altare di Vigo: Linda, la sua amatissima sposa, Gioia, il loro dono vicendevole, dalle mani di Dio.

Poi, un po’ alla volta, inattesa come sempre, per qualche attimo forse non ben compresa ma, infine, sempre più evidente nella sua mortificante gravità, la malattia. Eppure, se veniva bloccato da essa il suo pieno esprimersi, il suo desiderio di dedizione non venne mai meno; se la malattia lo fermava nella mobilità degli arti, l’anima continuava a volare alto, nel desiderio di amare, nel guardare oltre, finché spiccò il suo definitivo volo.

Io credo, almeno mi piace immaginare che sia così, che lassù, dove il nostro sguardo non giunge e la mente è attraversata da dubbi che solo la Fede acquieta, abbia rincontrato Monsignore; immagino che Monsignore gli sia andato incontro e l’abbia abbracciato, e questi due uomini siano poi scoppiati, lassù, nel Cielo, in una fragorosa risata; mentre il loro cuore avrà battuto forte e lacrime copiose saranno scese dai loro occhi. Sto forse solo proiettando verso lì, verso il Cielo quello che ora succede a me qui, sulla Terra? Non credo.

Ah, Pasquale, troppo presto te ne sei andato, troppo presto te ne sei dovuto andare; ma ci rivedremo sai, e sarà bello, come nei giorni, lontani e pur vicini, di quando tu e Linda venivate a Vigo!

Don Floriano Pellegrini

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