Lo strabiliante successo della festa del Popolo Veneto e della Serenissima, ieri 12 luglio, a Coi

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Quello che abbiamo vissuto ieri, 12 luglio, a Coi o, meglio, nel Baliato dai Coi (essendo comunità formata da due piccoli villaggi, Coi e Col, e Coi è solo il maggiore) è difficile, anzi impossibile da esprimere.

Si è trattato di una festa così luminosa e bella, così sentita e partecipata, così vera e intensamente vissuta, senza la minima contraddizione o contestazione, che il cuore faceva sentire una gran voglia di piangere di gioia, un nodo stringeva la gola e strozzava la voce e sembrava di essere tutti una gran comunità di amici da vecchia data, persino o quasi di fratelli, e ci si sarebbe abbracciati volentieri, l’un l’altro, se solo un residuo di pudore e di abitudine al nascondimento – a volte – dei propri sentimenti più autentici, non ci avesse bloccati nel farlo. Ma i visi parlavano da soli, erano specchi di gioia!

Gli arrivi sono stati tanti, circa il triplo di quanti prevedevo. Ho rivisto, ho potuto parlare con persone che mai avrei creduto di incontrare, avendole conosciute decenni e decenni fa e poi perse di vista. È venuto a concelebrare la S. Messa anche don Gianfranco Slongo…

Quando, all’esterno della chiesa, si è trattato di iniziare il rito dell’accoglienza della bandiera, sorretta da una bambina (era stata piegata e la teneva in braccio, mentre prima era distesa, come si vede nella fotografia), mi sono accorto che non mi veniva più il respiro. Ero consapevole, sino in fondo, che stavamo per rendere concreto e pubblico un sentimento troppo a lungo, e troppo ingiustamente, represso nel cuore. Ma dovevamo essere all’altezza di quel momento; e mi sono ricordato queste parole: «Coraggio non è non avere paura, ma andare avanti nonostante la paura». Allora ho chiesto, con un filo di voce: «Che bandiera presentate alla Chiesa di Dio?». Come un rombo festoso, ho sentito tutto attorno a me quest’esclamazione: «La bandiera del Popolo Veneto e della Serenissima». Tenevo la testa bassa, non volevo trasmettere il turbamento che accompagna inevitabilmente l’emozione. Continuai: «Per la bandiera del Popolo Veneto e della Serenissima Repubblica di San Marco cosa chiedete alla Chiesa di Dio?» e il rombo dell’intero Popolo Veneto, Popolo eroico e martire, nell’unisono della risposta: «La benedizione nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per intercessione di San Marco». Proseguii: «Giurate di onorarla, con l’aiuto di Dio, e farla onorare?», «Lo giuriamo!». Nell’anima avevo un terremoto, ma conclusi come prevedeva il rito: «Dio onnipotente confermi il giuramento che ora avete fatto e vi renda fedeli e operosi in esso. La Chiesa di Dio accompagna il vostro giuramento e il vostro impegno, ora solennemente manifestati, con la benedizione che invocherà, su di voi e sulla bandiera, al termine della S. Messa».

Iniziai la recita, come previsto, del salmo 112, in latino. Con mia felice sorpresa, sentivo che erano tantissimi a saperlo leggere nell’antica lingua. Entrammo in chiesa e seguì la S. Messa. C’era chi piangeva di commozione.

Al termine, l’andata bella, nel sole, dalla chiesa al giardino dove sarebbe stata innalzata ufficialmente la bandiera.

Ne parleremo in un altro articolo.

Quello che abbiamo vissuto è stato troppo bello per poter essere espresso in un solo comunicato. Chi non ha provato le quasi quattro ore vissute insieme, non riuscirà mai ad immaginarle, se non lontanamente e incompiutamente. Ci sono emozioni e momenti di vita che le parole non possono far percepire a chi è stato loro estraneo. Abbiamo vissuto, cellula consapevole e autodeterminata dell’intero Popolo Veneto, il nostro Tabor, quel momento in cui Cristo anticipò ai discepoli lo splendore della sua, futura sì ma prossima, resurrezione. Ai piedi del Pelmo, definito Caregón del Padre Eterno, a corona del busto della Madonna, in quello spettacolo di natura, di persone affratellate e di alti valori civici e morali condivisi, in alcuni momenti non sembrava neppure più di essere in questo mondo, ma in una prospettiva di paradiso e che il Signore, l’onnipotente, ripetesse come un giorno all’evangelista: «Pax tibi, Marce, evangelista meus!»: «Abbi il cuore in pace, Popolo Veneto, mio Popolo, io ti proteggo e ti proteggerò!».

E, infatti, sia quel che sia, sarà così e il Popolo Veneto tornerà ad essere riconosciuto, anche dalla cosiddetta (cioè autodefinitasi) Repubblica italiana, qual è: un Popolo sovrano, nonostante tutti i bastardoni di ieri, di oggi e di domani!

don Floriano Pellegrini

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3 Risposte a “Lo strabiliante successo della festa del Popolo Veneto e della Serenissima, ieri 12 luglio, a Coi”

  1. Ringrazio don Floriano per la commovente descrizione del pomeriggio del 12 luglio, che condivido pienamente. Sono contento, inoltre, delle chicche apprese ieri e a me fino a quel momento sconosciute, che riguardano il patrimonio storico non solo fisico di chi sono stati gli Zoldani nella Serenissima! Artigiani, politici, ma soprattutto uomini liberi!
    Onorato di aver potuto essere partecipe.

  2. Complimenti! L’unico impulso che non può essere cancellato in un Popolo è quello verso la libertà. W. S. M.

  3. Fantastica iniziativa! Con un po’ di storia zoldana e veneziana, che accomuna l’appartenenza ad un Popolo ancora vivo ed orgoglioso di essere chiamato Veneto, ieri abbiamo assistito ad una vera e sentita festa sotto un’unica bandiera, quella della Serenissima.
    La gente del posto si è sentita parte di uno straordinario evento, che sicuramente segnerà il futuro di quelle vallate.
    Don Floriano, grande studioso e persona colta, un vero trascinatore ed esempio per tutti: grazie!

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