DON FLORIANO, La Circolare della Santa Sede, ancora del 2006, tenuta nascosta ai fedeli, sulla rimozione nella Messa dell’ambigua espressione «per tutti» e l’introduzione dell’esatta «per molti»

Papa Pio XII celebra la S. Messa, “come Dio comanda”, alla mezzanotte di Natale.

Come già fatto con comunicato del 20 maggio 2013, n. 1047, senza che un solo vescovo o cardinale italiano si svegliasse (mettesse una mano sulla coscienza) e  correggesse dalla sua condotta fuorviante e modernista, ci è doveroso ripubblicare un importante documento della Santa Sede.

Ben pochi fedeli, per non dire quasi nessuno, sanno che i vescovi sono stati chiamati a porre rimedio alla brutta traduzione quale «per tutti»del pro multis usato nella consacrazione del vino in sangue di Cristo, in quella corretta «per molti», da una Circolare della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ancora del 17 ottobre 2006, indirizzata a tutti i presidenti delle Conferenze episcopali.

Per comodità dei lettori, la riportiamo in PDF apribile al link: Circolare sul pro multis del 17 ottobre 2006.docx  –

Qui, di seguito, una sintesi dell’articolo, firmato con la sigla IMUV e del febbraio 2007, pubblicato al link: http://www.unavox.it/ArtDiversi/div056_SuProMultis.htm .

La formula antica della consacrazione del calice, nella Messa, era: « Hic est enim Calix Sanguinis mei, / novi et aeterni Testamenti: / Mysterium Fidei :/ Qui pro vobis et pro multis / effundetur in remissionem peccatorum ». [1] Nella Messa post conciliare (o moderna) [2] è scomparso il mysterium Fidei, trasferito alla fine della formula e in forma declamatoria, seguito da un’acclamazione dei fedeli. Nulla è certamente avvenuto a caso!

[ 1 ] Vi si legge (punto 2): «… non vi è alcun dubbio circa la validità delle Messe celebrate usando una formula debitamente approvata e contenente una formulazione equivalente a “per tutti”. E questo perché l’espressione “per tutti” corrisponderebbe senza alcun dubbio ad una corretta interpretazione dell’intenzione del Signore espressa nel testo».  Questa precisazione sembra una excusatio non petita, che la Congregazione sembra sia stata costretta o abbia sentito il dovere di inserire, per venire incontro ad obiezioni già sollevate. Tale excusatio vanifica, peraltro, in parte (o in toto?) il rimanente contenuto del documento. Se, infatti, l’uso di «per tutti» è «senza dubbio» conforme all’intenzione del Signore, perché la Congregazione andava a cercare peli nell’uovo? E’ essa stessa a sostenere ch’è più corretto il «per molti» anziché il «per tutti», perché il primo implica la precisazione che «la salvezza non è data meccanicamente: senza che la si voglia o vi si partecipi» (punto e).

[ 2 ] Come non notare, poi, e con sincera preoccupazione, che una Circolare che ribadisce la corretta dottrina della Chiesa, sia indirizzato non a tutti i fedeli, ma ai vescovi e cardinali, che avrebbero dovuto essere i primi ad insegnarla? È mai possibile che vescovi e cardinali non sapessero o non insegnassero senza ambiguità che «la salvezza non è data meccanicamente»? È una domanda molto seria. E, se per quarant’anni i vescovi avessero davvero insegnato, tramite la santa Messa recitata a voce alta e in lingua corrente, una dottrina equivoca, basterebbe una Circolare riservata per riparare il danno provocato?

Mie considerazioni

In realtà, non è possibile supporre che i vescovi non sapessero che il «per tutti» ha una connotazione equivoca e fuorviante: hanno quindi insegnato una dottrina equivoca a ragion veduta?

E, peggio che peggio, fino ad oggi, cioè per quarant’anni, tale traduzione e il suo uso liturgico sono stati approvati dalla stessa Congregazione che oggi se ne lamenta!

Capovolgimenti simili, che corrispondono ad una vera e propria sovversione della dottrina, non possono essere addebitati a qualche svista o alla lettura privata di qualche esegeta, come per esempio nel vaso dei polloi (il greco multis) che per anni ci è stato spiegato essere equivalente a moltitudini e, quindi, al desiderato tutti.

Tali traduzioni accomodanti corrispondono a quella che, come si dice oggi, è una «strategia culturale». I teologi e liturgisti del post Concilio, imbevuti di speranze di unitarismo e mondialismo ad ogni costo, ritenevano inaccettabile dire che il Figlio di Dio non si è incarnato per la salvezza di tutti, ma solo dei molti (pur molti) disposti a seguirlo e a conformarsi alle leggi di Dio; è sembrato che dire ciò fosse una vera e propria discriminazione. Anzi, quasi una violazione delle regole minime di convivenza civile e, naturalmente, di democrazia. Quindi la dottrina insegnata fin allora doveva essere corretta, a costo di cambiare le parole in bocca al Signore Gesù.

Lo stesso si deve dire della «pace», portata dall’Incarnazione.

Si è ragionato, modernisticamente, cioè erroneamente, come segue, pur di far piacere agli atei e ai senza Fede cattolica: L’amore di Dio è talmente onnicomprensivo che non può produrre alcun discrimine; dall’Incarnazione non può ammettersi altra pace che una pace come la desiderano tutti, indipendentemente dallo sforzo di conversione e di aderire alla volontà di Dio, ma automatica e necessaria. Sarebbe assurdo supporre che Dio non ami tutti e, se ci ama tutti, la sua pace è automaticamente per tutti, credenti e non credenti, di qualsiasi religione e anche senza religione.

Ma, se ciò fosse vero, le Messe, le preghiere, la Fede, il conformarsi ai comandamenti, a che servirebbero? Se, anche non credendo e facendo quel capriccio che si volesse, in ogni caso la pace di Dio e con Dio fosse assicurata e, dunque, una specie di dogma indiscutibile?

La Circolare si concludeva con questa raccomandazione, moralmente vincolante: «Alle Conferenze Episcopali… si chiede di iniziare presso i fedeli, nei prossimi uno o due anni, la catechesi necessaria su questo argomento». Scusate, cari lettori, voi avete notizia di una sia pur minima qualche catechesi, come comandato di fare? Io assolutamente no, nulla di nulla, mentre vedono vescovi che ridacchiano vigliaccamente, facendo i buonisti e gli ecumenici! La Circolare è stata tenuta nascosta; veramente avremmo bisogno di vescovi più rispettosi della sacra Tradizione e della loro stessa identità episcopale, che sono i primi a prendere sotto gamba! Come obbedire a chi non obbedisce a sua volta a chi gli è superiore?

Don Floriano Pellegrini

NOTE

[1] « Questo è il Calice del mio Sangue, / della nuova ed eterna Alleanza: / Mistero di Fede: / il quale per voi e per molti / sarà sparso in remissione dei peccati ».

[2] Ossia, pur involontariamente (si fa per dire), modernista.

La S. Messa di sempre, violentata dal Vaticano II.

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