PANATTONI, Sport, politica e futuro. Rollerball e quell’anello infernale da rivedere

Articolo di Damiano Panattoni, del 19 luglio 2020, tratto da: https://hotcorn.com/it/film/news/sport-politica-e-futuro-rollerball-e-quellanello-infernale-da-rivedere/

Quando si parla di film ambientati in un futuro distopico, non viene mai citato un titolo come Rollerball che, al contrario, dovrebbe essere annoverato come uno dei più rappresentativi. Se non altro perché, alla fine, al 2018 immaginato dallo scrittore William Harrison, ci siamo arrivati, e la società descritta nel suo racconto breve, Rollerb Ball Murder, pubblicato su Esquire nel 1973, è ancora sotto la morsa di guerre, povertà, sovrappopolazione. E meno male, possiamo dire, dato che Harrison immaginò un futuro dove sì, i conflitti erano stati azzerati, ma a capo del mondo non c’erano più nazioni ma Corporazioni in grado di controllare la vita di ognuno, indirizzandola a proprio piacere, garantendo un effimero benessere.

James Caan in una scena di Rollerball

Insomma, un’interessante partenza per quello che poi, nel 1975, divenne appunto Rollerball, sci-fi distopico diretto da Norman Jewison, reduce dai trionfi di La Calda Notte dell’Ispettore TibbsIl Caso Thomas Crown e Jesus Christ Superstar. Qui per protagonista abbiamo Jonathan E. – interpretato da James Caan – capitano della squadra più forte nonché campione del Rollerball, lo sport – se così possiamo chiamarlo – usato dalle Corporazioni per alienare e svagare il popolo. In cosa consiste? Due squadre, munite di pattini e motociclette, si affrontano in una pista circolare, contendendosi una sfera di pesante acciaio da lanciare in una buca magnetica.

Ancora Caan con John Beck in una pausa sul set del film

Tutto normale? No, perché lo sport è senza esclusioni di colpi: violento, feroce, assassino. E Jonathan, che vive solo di quell’infernale anello, quando sta per essere messo all’angolo farà del tutto pur di continuare a ‘giocare’. Spettacolo e fantascienza tipicamente anni Settanta, un James Caan nel suo periodo d’oro e una grande colonna sonora classica (Bach, Albinoni, Shostakovich), a far da contrasto al sangue, alla freneticità, alla violenza, frutto di un’epoca, immaginata da Jewison e Harrison, assetata di guerre e conflitti, affogati da una dittatura globale in grado di schiacciare l’individuo liberando da esso gli aspetti più crudeli e atroci.

E poi di Rollerball rimane oggi l’estetica, curatissima: un tripudio di impeccabile vintage avanguardistico, con le riprese che si svolsero – 30 milioni di dollari, budget colossale per l’epoca – nel futuristico palazzo BMW di Monaco. Della pellicola, nel 2002 uscì un (dimenticabile) remake diretto da John McTiernan, ma, l’unico, inimitabile Jonathan E., rimane questo, pattini a rotelle e mazze ferrate, tra l’Antica Roma e i gladiatori in lotta per sopravvivere. Storia passata o futuro politicizzato? L’uomo, sembra dirci Rollerball, rimane sempre lo stesso, in lotta contro il potere ma, sempre e comunque, suo schiavo.

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