BOZZOLAN, 2016, Ancora sui “renghi” o assemblee popolari dei Veneti. El corno dogal

Articolo di Millo Bozzolan, veneto patavino, del 3 gennaio 2016, al link: https://venetostoria.wordpress.com/2016/01/03/ancora-sui-renghi-o-assemblee-popolari-dei-veneti-el-corno-dogal/

Situla di Vače, in Slovenia, del 5° sec. a. C., dettaglio di un fregio. Si vede benissimo il copricapo frigio

Ora che pian piano si spera  di ripristinare la nostra antica libertà, basandosi sulle nostre tradizioni plurimillenarie (la veneta nazione esiste, piaccia o meno da più di tremila anni) vorrei accennare all’antichita’ della istituzione assembleare tra i Veneti.

Per chi volesse addentrarsi nell’argomento rimando al volume ‘GIUSTIZIA VENETA’ del dr. Edoardo Rubini, edito da Filippi Venezia.  Le assemblee antiche erano in genere costituite dai capi famiglia, e dibattevano liberamente dei problemi della collettività. Queste assemblee eleggevano dei tribuni, sia tra i veneti di terraferma che tra i ‘venetici’ della laguna (così nominati dai greco bizantini).

Venezia, mosaici all’ingresso della basilica marciana, in cui compaiono personaggi col berretto frigio

Di questi ‘tribuni’ resta una raffigurazione nei mosaici della basilica di San Marco e, particolare notato da pochi, questi tribuni, raffigurati prima che il Dux Venetorum abbandonasse una specie di tiara per il corno dogale, indossavano proprio il copricapo di foggia simile, che poi il Doge adottò. Un particolare questo che li collega ai capi paleoveneti, raffigurati nelle situle, col berretto ‘frigio’ sulla testa, come probabile insegna di distinzione.  Niente da stupirsi: le società antiche erano molto conservatrici e tendevano a tramandare secolo dopo secolo, i simboli del potere.

Sappiamo che la Venetia da Tera, fu prima dominio longobardo, poi il potere si frazionò in liberi comuni, dove, non diversamente che nelle lagune, le assemblee di tradizione antichissima, deliberavano e decidevano. Il ‘Salone’ di Padova fu chiamato appunto ‘Palazzo della Ragione, ma non fu certo l’unico della Venetia, ma solo l’esempio più illustre e prestigioso. Tali assemblee, ci spiega Edoardo Rubini, nell’età del bronzo e prima età del ferro, erano comuni a tutto il bacino centro europeo, come il tiglio che ne era il simbolo, sotto le cui sacre fronde si riunivano per le delibere e per amministrare giustizia. Ed è per questo che il tiglio fu disegnato in qualche simbolo araldico delle comunità del Friuli, del Veneto, della Slovenia. Non solo, rimase anche nella toponomastica (ricordo Teglio Veneto vicino a Portogruaro) e il ricordo delle antiche assemblee sopravvisse nel nome di “Consìo”, un piccolo paesino vicino a Mogliano Veneto.

Le signorie non soffocarono, in terraferma, queste assemblee antiche, e quando Venezia estese il proprio dominio alla terraferma, potenziò e aumentò la loro funzione di rappresentanza. Un esempio per tutti: Feltre aveva un consiglio di nobili e possidenti composto di dodici membri, Venezia lo volle più ampio e i membri divennero quaranta. Nella Patria del Friuli, dove i feudatari avevano soffocato l’antica assemblea, nel piccolo parlamento di Udine furono introdotti anche i rappresentanti delle classi popolari. Questo spiega bene l’attaccamento filiale dei sudditi al Leone marciano, simbolo delle antiche libertà ripristinate. Sia nel Veneto odierno che nel Friuli, come nella Lombardia veneta.

Venezia per poter gestire uno stato sempre più complesso, e per evitare conflitti di potere che in terraferma dettero origine alle signorie, si evolse in repubblica aristocratica, ma non fu mai un sistema oligarchico, dove pochi governavano per difendere il loro interesse, e il potere delle assemblee continuò, nella struttura delle ‘scole’ di Arti e Mestieri comuni del resto anche alla Terraferma. Queste categorie avevano amplissima autonomia, e venivano ampiamente consultate per la formazione di leggi (dette ‘parti’) che toccassero i loro interessi. Per concludere, a differenza di altri popoli, i Veneti non dovevano imparare nulla, in fatto di democrazia vera ed effettiva e di partecipazione nella gestione del potere. Col tramonto della millenaria repubblica marciana, la Tradizione, che aveva retto la nazione veneta per tanti secoli, fu buttata nella pattumiera, in nome della ‘modernità”, mentre molto si poteva e doveva conservare.

Al posto delle antiche libertà uno stato Moloch, che ci divora e ci soffoca dalla nascita alla morte, illudendoci di essere ‘liberi’ e cittadini tutti uguali l’uno all’altro.

Situla di Vače, dettaglio di un fregio, con il suonatore celto

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