DON FLORIANO, Intanto continua la pratica dell’ecumenismo ambiguo e a-teologico (ateo)

La menoràh in una loggia massonica italiana. Alla fin dei conti, per la Massoneria il fatto religioso è irrilevante, una semplice sovrastruttura di pensiero, che deve restare a livello di coscienza e non incidere nella vita pratica, se non in quanto stimola anch’essa all’amore universale. Che si usi, perciò, qualche simbolo delle religioni, ai massoni importa ben poco, anzi può far comodo, per darsi l’immagine di persone che finalmente hanno capito il vero senso delle cose e delle (antiche per loro) religioni.

Alla data del 15 ottobre c.a., è stata presentata dalla Diocesi di Belluno-Feltre la terza «Giornata del dialogo cristiano islamico», che si è tenuta il 26 e 27 ottobre.

Queste iniziative sono il frutto delle ambiguità massoniche introdotte, senza che i Padri conciliari se ne avvedessero (si spera, a parte quelli che ormai si sa che erano massoni, come appare dalla lista Pecorelli, assassinato nel 1978), nei documenti del concilio Vaticano II, celebrato tra il 1962 e il 1965.

Tutti sanno che Cristo ha messo al primo posto il comandamento dell’amore, nel quale si riassumono tutti i comandamenti divini, cioè il Decalogo. Ma tali dieci comandamenti riguardano Dio e il prossimo, non solo il prossimo. E il primo comandamento è quello della Fede, poiché dice: «Non avrai altro Dio all’infuori di me». Anche il secondo e il terzo riguardano Dio. Gli altri, inscindibili da questi primi, riguardano il prossimo ovvero i comportamenti da avere con esso, nelle varie situazioni della vita, cui accennano le parole ora di questo e ora di quel comandamento dal quarto al decimo.

Il tipo di ecumenismo ora praticato, e forse l’ecumenismo come tale, non è una pratica cristiana, voluta da Cristo; egli non ha mai detto di amarci oltre e al di fuori della Fede, indipendentemente dalla Fede, ma che la Fede (cioè l’amore a Dio) sia l’anima dell’amore (al prossimo). Se il primo comandamento non riguarda la Fede, che riguarderebbe mai? Se il secondo e il terzo non riguardano Dio, a chi mai si riferiscono?

Ora si va insegnando che bisogna amare tutti, indipendentemente dalla Fede. Ma, allora, questo non è più un amore cristiano, neppure religioso; non è più una obbedienza a Dio, perché questo amore, che si invoca tanto, non ha più a che vedere con la Parola di comandamento o comando (in forma abbreviata) di Dio. No, è un semplice amore umano, dettato dalla ragione umana, che impone di amare tutti; almeno, secondo l’ideologia massonica, la ragione umana ordinerebbe questo; anche se, in realtà, la ragione dice pure che in pratica vige non la legge dell’amore ma la legge del più forte; e, se non c’è un Dio trascendente l’ordine di questo mondo, gli sforzi umani di volersi bene, se il più forte s’impone avrà la vittoria in pugno e nessuno gliela strapperà, indipendentemente dal parlare di amore che fanno gli altri, che risulteranno dei poveri illusi e degli utili idioti, al servizio, tutto sommato, dei primi, cioè dei più forti e quindi vincitori.

L’amore che insegna Gesù e deve, assolutamente deve insegnare la Chiesa, se vuole restare fedele a lui e a se stessa, è un amore di obbedienza, una virtù teologale (cioè teologica; lo si diceva una volta, ma vale ancora, anche se non lo si dice più), non un mero ossequio alla ragione e alla volontà soggettiva di fraternità universale. L’amore che insegna Gesù e deve insegnare la Chiesa è un tutt’uno e, nello stesso tempo, già una conseguenza dell’amore a Dio. Di un amore a Dio, egualmente, quale amore di obbedienza, ossequio della mente e della volontà, dell’intelligenza e della libertà. Allora è vero amore, perché scaturisce dalla Fede in lui, dal riconoscere lui come Signore, della propria vita, della Chiesa e dell’umanità tutta, «dei vivi e dei morti» (dice la Parola di Dio), di coloro cioè che vivono in questo mondo e di coloro che vivono nell’altro mondo, nella purificazione, nel castigo o nella gloria.

Non ha senso parlare e mettere in pratica un ecumenismo fondato sulla ragione umana, su un amore al prossimo che prescinda dall’amore a Dio e da quel primo atto di amore vero a Dio che è la Fede; non si può perciò piacere a Dio, dire di amarlo e dire di amare il prossimo, senza la Fede. Non è ecumenismo, ma buonismo umano, niente più; bisogna smascherare questo buonismo che finge di essere ecumenismo, ma non lo è, perché lascia a fatto privato e di coscienza la Fede, anziché scaturire proprio dalla Fede e trovare in essa la propria giustificazione.

L’ecumenismo vero è la ricerca assieme della Fede, di come dare la risposta fedele in Cristo all’amore del Padre che, in Lui, ha dato tutto se stesso per noi, per la nostra salvezza; non fuori di lui o indipendentemente da lui. Cristo vuole sì un ecumenismo, ma come un dialogo verso e nella sua Parola, verso e nella sua divina misteriosa ma reale presenza, che è tale però solo «dove due o tre si riuniscono nel mio nome», non nel nome dell’amore razionale, dell’amore umano, proclamato quale nuova legge universale, nella quale tutti troverebbero la salvezza, al di là e al di fuori delle specifiche religioni e, soprattutto (per noi cristiani), al di là e al di fuori della Fede in Cristo, «mio [unico] Signore e mio Dio» (parole di San Tommaso riportate dal vangelo).

Continuiamo a pregare, come dicevo e scrivevo lo scorso anno, per la conversione dei Pastori che, da incoscienti, portano le pecorelle loro affidate fuori dell’unica vera Fede e si confondono, da «guide cieche» quali non si accorgono di essere, tra Amore quale virtù impostaci da Dio e radicata in lui, cioè teologale, e amore quale atteggiamento di benevolenza umana, esattamente alla maniera che, da tre secoli a questa parte, viene insegnato al mondo dalla Massoneria. Ma essi, ciechi, non lo sanno, non lo capiscono.

Don Floriano Pellegrini

Cfr, da: http://www.telebelluno.it/wp/presentata-la-terza-giornata-del-dialogo-cristiano-islamico/ , il seguente video:

L’ecumenismo era già stato condannato da Pio XI nel 1928 con l’enciclica Mortalium Animos. La pubblicheremo in un prossimo post, sia nel testo originale in latino che in traduzione in italiano.

***