Alla data del 15 ottobre c.a., è stata presentata dalla Diocesi di Belluno-Feltre la terza «Giornata del dialogo cristiano islamico», che si è tenuta il 26 e 27 ottobre.
Queste iniziative sono il frutto delle ambiguità massoniche introdotte, senza che i Padri conciliari se ne avvedessero (si spera, a parte quelli che ormai si sa che erano massoni, come appare dalla lista Pecorelli, assassinato nel 1978), nei documenti del concilio Vaticano II, celebrato tra il 1962 e il 1965.
Tutti sanno che Cristo ha messo al primo posto il comandamento dell’amore, nel quale si riassumono tutti i comandamenti divini, cioè il Decalogo. Ma tali dieci comandamenti riguardano Dio e il prossimo, non solo il prossimo. E il primo comandamento è quello della Fede, poiché dice: «Non avrai altro Dio all’infuori di me». Anche il secondo e il terzo riguardano Dio. Gli altri, inscindibili da questi primi, riguardano il prossimo ovvero i comportamenti da avere con esso, nelle varie situazioni della vita, cui accennano le parole ora di questo e ora di quel comandamento dal quarto al decimo.
Il tipo di ecumenismo ora praticato, e forse l’ecumenismo come tale, non è una pratica cristiana, voluta da Cristo; egli non ha mai detto di amarci oltre e al di fuori della Fede, indipendentemente dalla Fede, ma che la Fede (cioè l’amore a Dio) sia l’anima dell’amore (al prossimo). Se il primo comandamento non riguarda la Fede, che riguarderebbe mai? Se il secondo e il terzo non riguardano Dio, a chi mai si riferiscono?
Ora si va insegnando che bisogna amare tutti, indipendentemente dalla Fede. Ma, allora, questo non è più un amore cristiano, neppure religioso; non è più una obbedienza a Dio, perché questo amore, che si invoca tanto, non ha più a che vedere con la Parola di comandamento o comando (in forma abbreviata) di Dio. No, è un semplice amore umano, dettato dalla ragione umana, che impone di amare tutti; almeno, secondo l’ideologia massonica, la ragione umana ordinerebbe questo; anche se, in realtà, la ragione dice pure che in pratica vige non la legge dell’amore ma la legge del più forte; e, se non c’è un Dio trascendente l’ordine di questo mondo, gli sforzi umani di volersi bene, se il più forte s’impone avrà la vittoria in pugno e nessuno gliela strapperà, indipendentemente dal parlare di amore che fanno gli altri, che risulteranno dei poveri illusi e degli utili idioti, al servizio, tutto sommato, dei primi, cioè dei più forti e quindi vincitori.
L’amore che insegna Gesù e deve, assolutamente deve insegnare la Chiesa, se vuole restare fedele a lui e a se stessa, è un amore di obbedienza, una virtù teologale (cioè teologica; lo si diceva una volta, ma vale ancora, anche se non lo si dice più), non un mero ossequio alla ragione e alla volontà soggettiva di fraternità universale. L’amore che insegna Gesù e deve insegnare la Chiesa è un tutt’uno e, nello stesso tempo, già una conseguenza dell’amore a Dio. Di un amore a Dio, egualmente, quale amore di obbedienza, ossequio della mente e della volontà, dell’intelligenza e della libertà. Allora è vero amore, perché scaturisce dalla Fede in lui, dal riconoscere lui come Signore, della propria vita, della Chiesa e dell’umanità tutta, «dei vivi e dei morti» (dice la Parola di Dio), di coloro cioè che vivono in questo mondo e di coloro che vivono nell’altro mondo, nella purificazione, nel castigo o nella gloria.
Non ha senso parlare e mettere in pratica un ecumenismo fondato sulla ragione umana, su un amore al prossimo che prescinda dall’amore a Dio e da quel primo atto di amore vero a Dio che è la Fede; non si può perciò piacere a Dio, dire di amarlo e dire di amare il prossimo, senza la Fede. Non è ecumenismo, ma buonismo umano, niente più; bisogna smascherare questo buonismo che finge di essere ecumenismo, ma non lo è, perché lascia a fatto privato e di coscienza la Fede, anziché scaturire proprio dalla Fede e trovare in essa la propria giustificazione.
L’ecumenismo vero è la ricerca assieme della Fede, di come dare la risposta fedele in Cristo all’amore del Padre che, in Lui, ha dato tutto se stesso per noi, per la nostra salvezza; non fuori di lui o indipendentemente da lui. Cristo vuole sì un ecumenismo, ma come un dialogo verso e nella sua Parola, verso e nella sua divina misteriosa ma reale presenza, che è tale però solo «dove due o tre si riuniscono nel mio nome», non nel nome dell’amore razionale, dell’amore umano, proclamato quale nuova legge universale, nella quale tutti troverebbero la salvezza, al di là e al di fuori delle specifiche religioni e, soprattutto (per noi cristiani), al di là e al di fuori della Fede in Cristo, «mio [unico] Signore e mio Dio» (parole di San Tommaso riportate dal vangelo).
Continuiamo a pregare, come dicevo e scrivevo lo scorso anno, per la conversione dei Pastori che, da incoscienti, portano le pecorelle loro affidate fuori dell’unica vera Fede e si confondono, da «guide cieche» quali non si accorgono di essere, tra Amore quale virtù impostaci da Dio e radicata in lui, cioè teologale, e amore quale atteggiamento di benevolenza umana, esattamente alla maniera che, da tre secoli a questa parte, viene insegnato al mondo dalla Massoneria. Ma essi, ciechi, non lo sanno, non lo capiscono.
Don Floriano Pellegrini
Cfr, da: http://www.telebelluno.it/wp/presentata-la-terza-giornata-del-dialogo-cristiano-islamico/ , il seguente video:
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