DON FLORIANO, La vergognosa mancanza d’una strada regolare di accesso al villaggio di Col

Scorcio del villaggio di Col, da sotto le moderne villette (inizi anni Settanta del Novecento). Questa fotografia, come le successive, è del 14 novembre 2018, ore 15.30 circa). Si vede che a Col sono in corso dei lavori edilizi.

In alta Val di Zoldo, tra i villaggi che si stanno sviluppandosi in modo visibile, vi sono quelli di Coi e Col, uniti in un’unica comunità detta Il Baliato dai Coi. Il vecchio Comune di Zoldo Alto una cinquantina d’anni fa, compiendo un falso in atto pubblico, dichiarò che Col non esiste come villaggio ma è solo una via di Coi. Testuale! Da allora, nonostante varie sollecitazioni, nessuna Amministrazione comunale ha più rimediato ad una tale dichiarazione da codice penale; neppure l’attuale.

Non fu un errore, ma opera della volontà di alcuni amministratori di favorire una società non locale, intenzionata a costruire un albergo, condomini e villette; tutte costruzioni che oggi ci si domanda come siano state autorizzate, avendo uno stile che fa rizzare i capelli sulla testa. I vincoli urbanistici valgono forse solo per alcuni, mentre altri possono fare alto e basso? Fatto si è che la vecchia mulattiera tra Col e Coi, un interessante manufatto del sec. XIV, venne completamente saccheggiata e gli abitanti di Col da allora si trovano nell’incredibile situazione che, per giungere alle loro case, devono PASSARE SU UNA STRADA PRIVATA, quella di accesso all’Hotel «La Caminatha» (che, tra l’altro, non è neppur esso un termine zoldano, come volevano far credere, ma veneziano); strada con un accesso in curva, con un salto dal cemento all’asfalto, in pendenza del 15 per cento, ad unica corsia! Sulla quale gli stessi mezzi comunali fanno fatica a transitare, soprattutto in inverno; e il camion delle immondizie? E quello del gasolio? E un’ambulanza?

Il Comune assicura: «Campa caval che qualcosa faremo» e racconta la storiella della mancanza di soldi. La smetta di «piangere il morto» e faccia il suo dovere: 1) Ammetta che Col è un villaggio e non una via di Coi; 2) Costruisca una nuova strada pubblica d’accesso; ha fatto il danno, faccia anche la penitenza di rimediare; 3) Costruisca due idonei posteggi, uno per Coi e uno per Col: non ce n’è manco uno e si pretende di favorire il turismo?

Don Floriano Pellegrini

La linea di confine tra il maso (ora villaggio) di Coi e quello di Col (in origine anch’esso maso). In primo piano si vede il pendio sotto la Casa Gianin, con erbacce e alberi cresciuti disordinatamente: siamo già nell’area di Col. Di là, verdeggiante e più curato, è il Bailo di Coi, area che ha dato il nome alla stessa unione dei due villaggi (assieme con una domus del maso di Pianaz), quale Baliato o Bailato dai Coi. Tra i due poderi, un torrentello stagionale.Altra visione di Col da sotto le villette.Resti dell’imponente muro di facciata del Tabià Grant, a Col, sotto le villette (si notino le persiane verdi, del tutto diverse dallo stile locale), presso l’incrocio con la mulattiera o strada per Brusadaz, Iral e Villa.

Sguardo sul Civetta, tra una villetta e l’altra, mentre stava già tramontando il sole.

Portalampada su una villetta, in ferro battuto. Reca l’immagine della stella a otto punto, simbolo di Maria Vergine, ossia della Madonna, che la famiglia Suppiej, proprietaria di un appartamento, ha adottato come fosse il simbolo di se stessa. 

L’affresco di San Pellegrino delle Alpi, che tiene legato il diavolo alla catena, fatto qualche anno fa dal pittore Giu (Giuseppe) Pin.

Crocifisso posto davanti una villetta; vicino gli è stato piantato, già anni fa, un abete. Sia l’abete che il Crocefisso sono fuori posto e denotano una cultura d’importazione. Secondo quella tradizionale, infatti, le Croci andavano all’incrocio delle strade e non davanti una casa, così, perché soggettivamente piace, ma secondo un criterio oggettivo, che valeva per tutti. Inoltre, secondo errore, quando veniva posto in un incrocio, lo si faceva con l’immagine di schiena al fienile o casa, non di faccia come qui. Terzo: l’abete vicino alle case è una fantasia riprovevole degli ultimi decenni. Mai e poi mai lo si faceva fino a quando, poco prima dell’invasione turistica, la gente coltivava la terra, i prati e i campi, quelli propri intendo dire, non quelli degli altri! Si noti, sullo sfondo, che il Civetta era già ricoperto di neve, fino alle falde.

L’albergo detto La Caminatha. Qualche persona crede che caminatha [si noti l’assurda forma inglese per esprimere una parola in lingua veneta] significhi camminata, passeggiata in montagna e bisogna spiegarle che significa invece la grande cappa del camino. In zoldano, per indicarla, usiamo il termine foghèr e quello di larìn per indicare l’alare. Ma già cinquant’anni fa c’erano alcuni venexiani e trevisàin che venivano a portarci la civiltà (ad essere fin troppo buoni, diciamo che ci portavano la loro civiltà) e pensare che lo facevano anche senza barconi, poverini, pensando ad altri arrivi di oggi!

Dalla strada principale si scende a Col e all’albergo non più su strada asfaltata, come dovrebbe essere, ma cementificata (ammettiamo che vada meglio d’inverno) e bella larga; poi…

…poi si arriva alla curva in cui, proseguendo linearmente sì ma saltando un gradino, la strada torna asfaltata, ma si restringe diventando d’una sola corsia o poco più; l’asfaltatura continua invece verso il piazzale dell’albergo, cioè sul lato destro. Deve essere evidente, insomma, che prima si era transitati sulla strada privata dell’albergo; ma come, per andare in un villaggio che già aveva la sua strada? E che era più antico dell’albergo di sei secoli? 

L’unica avvertenza che gli abitanti di Col hanno ottenuto a loro vantaggio (e a scanso problemi per il Comune) è il cartello indicante la forte pendenza. E sia, ma d’inverno, per salire o scambiarsi, quando c’è la neve o il ghiaccio, come si fa? Sopra l’albergo, poi, non c’è un solo piazzale pubblico per Col e l’unica piazzola di Coi (per una decina  di auto) è dei primi anni Trenta del secolo scorso, cioè quella costruita ancora durante il fascismo!

Dite voi: Come possono le auto che salgono da Col fare tranquillamente questo gradino, per immettersi – tra l’altro – nella strada privata di un albergo? Non è una offesa alla dignità degli abitanti di Col costringerli ad avvalersi di una servitù di passaggio, come fossero dei cittadini di serie B, che per spostarsi devono chiedere il permesso al padrone di un fondo? 

Questa è la strada Coi-Col ed è così per alcune centinaia di metri. Si ha il coraggio di dire che è una semplice via all’interno di un unico villaggio? Non sono, queste, separazioni evidenti e persino brusche tra due villaggi, vicini fin che si vuole ma distinti? Non per nulla tra loro esiste un dislivello altimetrico di che va verso i cinquanta metri! Si dica, per salvarsi quantomeno un briciolo d’onore, che non si ama la verità dei fatti ma il quieto vivere e si preferisce che sia l’Amministrazione che verrà, piuttosto che la presente, ad affrontare il pasticcio enorme fatto dalle passate, spesso guidate da commissari prefettizi perchè la gente, dovendo emigrare, non era nemmeno in grado di eleggere il proprio sindaco. E intanto qualcuno te lo metteva là! 

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