DON FLORIANO, L’estimo settecentesco del Capitaniato di Zoldo

L’estimo settecentesco del Capitaniato di Zoldo è stato da me pubblicato in quattro file, nell’agosto 2013, come n. 47 delle pubblicazioni del Libero Maso de I Coi. Queste le

DUE PAROLE DI PRESENTAZIONE.

Viene qui riproposta la trascrizione dell’importante documento, che era stata completata e divulgata il 9 maggio 2008 e conserveremo su file, sempre richiedibile, per ulteriori lavori di indagine specifica, ad esempio sui toponimi o sulla consistenza patrimoniale dei casati, la disponibilità di terreno produttivo dei singoli villaggi e masi, ecc.

Il documento dell’Estimo, o Inventario dei bei immobili, del capitaniato di Zoldo, è posseduto dall’archivio storico della parrocchia di San Floriano in Pieve di Zoldo, la parrocchia-pieve o matrice delle altre della valle, dotata di una fortissima autonomia dal vescovo di Belluno, tanto che il suo parroco, poi con il titolo di arciprete, veniva nominato direttamente dalla Santa Sede.

Si tratta di un registro di mm. 200 di base per 300 di altezza, originariamente di oltre 308 fogli; il loro numero originario preciso non è determinabile, a causa delle cattive condizioni dei fogli iniziali e della sottrazione criminosa (da parte di sconosciuti) di alcuni fogli nel testo e nella parte finale.

Il registro è senza copertine ed è stato rovinato dall’acqua al punto che i primi fogli (a parte il primo in assoluto, che manca) sono ridotti a miseri brandelli, sui quali è possibile leggere ben poco. Con un po’ di sforzo, ho trascritto quant’era leggibile, pur lasciando al segno […] la funzione di indicare le parti mancanti e al segno [?] quella di segnalare una lettura dubbia. Il segno dei tre punti, cioè … , sta a indicare invece che tale scrittura ricorre nel testo, per mancanza di indicazione di una parola da parte dello scrivano. Una parola aggiunta tra parentesi rotonde è all’origine scritta in tal modo, mentre le parti tra parentesi quadra sono un completamento redazione, in fase di mia trascrizione.

Ho ritenuto buona cosa, dopo varie incertezze, di sciogliere le abbreviazioni, al fine di permettere il lavoro con il «Trova» del PC, di eventuali nomi o altro che interessi. E’ evidente, così, che tutti i Battista in origine erano «Batt.a», Domenico «Dom.co», Francesco «Fran.co», Giacomo «Gia.co», e così via. Ho ritenuto utile, per lo stesso fine, uniformare, almeno in parte, la grafia dei nomi, soprattutto con il «da» nei casi di cognome indicante la località di origine, ad esempio «da Prà», e con il «de» nei casi di indicazione del genitore, ad esempio in «de Marco». Si tratta, in entrambi i casi, di scelte ben giustificate, anche se qualcuno potrebbe storcere il naso. Ho cercato di uniformare anche qualche termine della toponomastica, ossia il «Rù» e «Rù»; ma, ad un certo punto ho lasciato entrambe le forme.

Per la datazione, in mancanza di un dato proprio, essa è ricostruibile e assegnabile con certezza a poco prima del 1729. Ciò, perché dopo la partita n. 980 compare questa annotazione postuma: «1729. 8. 7.mbre. Si aggiunge Molino sopra l’aqua del Duran restaurato. A mattina, e mezzodì strada, sera, e settentrion l’aqua. Regola Dont. Si potrebbe affittar L. 8 : = , L. 4 : = : =». Che il registro sia della prima metà del Settecento, si evince anche dalle molteplici citazioni di don Paolo de Pellegrin o Pellegrini (sono documentate entrambe le forme del cognome, che dunque proprio allora stava evolvendosi), di suo fratello sacerdote e del notaio Giacomo Antonio Prà, persone tutte di cui abbiamo i dati biografici e cronologici. Si cita anche (n. 1975) l’arciprete di fine Seicento, Giulio Doglioni.

Per quanto riguarda i contenuti, distribuiti in ordine alfabetico per nome (non cognome), compaiono tutti i possessori di campi, prati, officine, mulini e qualche altro bene immobile, allora esistente nella val di Zoldo. Poiché la trascrizione è assolutamente inedita, sarà necessario verificare l’esattezza dei toponimi a fianco dei quali ho espresso con il segno [?] il mio dubbio. Ma, a parte questo, gli studiosi già ora possono rallegrarsi di avere in mano uno strumento nuovo e poderoso, per quanto specifico, per l’analisi storica della comunità zoldana.

Quante cose ne emergeranno? Chissà! Una fra tutte: al n. 4448 si dice che il cognome Mosena era Arsiera.

Per comodità di stampa, il testo è distribuito in tre parti, ma per l’analisi al PC si richiede l’accorpamento dei tre file in uno. E’ stata infine aggiunta una quarta parte, che fa un po’ da indice e facilita la lettura del voluminoso documento.

Don Floriano Pellegrini

Parte I: Estimo-del-capitaniato-di-Zoldo.-Parte-1-su-4 

Parte II: Estimo-del-capitaniato-di-Zoldo.-Parte-2-su-4 

Parte III: Estimo-del-capitaniato-di-Zoldo.-Parte-3-su-4 

Parte IV: Estimo-del-capitaniato-di-Zoldo.-Parte-4-su-4 

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