DON FLORIANO, Quanta gioia vedere quella bandiera indorata dal sole al tramonto!

Sono i giorni più lunghi dell’anno. Questa sera, verso le 20:05, mi sono accorto che il sole si avvicinava al tramonto, al suo nascondersi oltre la catena montuosa del Civetta.

Mi sono pure accorto che il sole indorava la bandiera della Serenissima, rendendola quanto mai bella e chiara, mentre sullo sfondo il verde delle fitte boscaglie s’era mutato quasi in nero, avvolgendole nella prima oscurità della notte. La giornata era stata caldissima anche quassù; avevamo raggiunto i 33°C e alle ore 20 ce n’erano ancora 30. Ma soffiava una brezza gradevolissima, un venticello provvidenziale.

La bandiera sventolava felice, sembrava far festa, come fa – non sembri irriverente il paragone – un cagnolino quando va incontro al suo padrone. Sembrava voler dire che sta bene quassù, che si sente di casa ed è felice di essere tornata nella sua Terra dolomitica. La sua felicità e il suo garrire mi facevano e fanno venire alla mente il volto e la voce di mia mamma, negli indimenticabili, rari, preziosi momenti in cui la vedevo veramente felice.

La bandiera, come voce e volto della madre Patria, ci chiama a sé, ci raccoglie attorno a sé. Dal suo cuore ferito, più del nostro, dal suo cuore che era stato colpito a morte ma gli assassini non sono riusciti nel loro intento, chiama a sé noi Veneti tutti, vicini e lontani, di ogni età, di ogni condizione sociale, di ogni provincia, residenti ed emigranti, delle vecchie e delle nuove famiglie di questa Terra! Alla sua voce, al suo volto, noi ci sentiamo figli e corriamo. Chi è quell’indegno che finge di non sentire? Cosa mai pretende costui, nella sua infingardaggine, per muoversi, per decidersi, per essere onesto? Vorrebbe un miracolo dal Cielo? Non gli basta ragionare con la propria testa, e ragionare da uomo adulto? Le vampe del sole che illuminano le fattezze delle bandiere di San Marco, il loro garrire felice ci bastino! Quelle vampe si rispecchino nei nostri cuori, brillino dentro di noi con una luce che mai più si spegnerà, accendano luci di consapevolezze nuove e raggi di entusiasmo, di speranza rinfrancata! Garriscano fiamme di rinnovato amore, di più forte fiducia reciproca, di impegno solidale, di fedeltà virile.

C’è della commozione in noi; sì, lo so. Siamo uomini adulti, ne abbiamo viste e provate tante nella vita, ma davanti alla bandiera che è volto e voce della madre Patria torniamo come bambini, forse perché – semplicemente – torniamo noi stessi; senza più paure, senza più la paura di dirci la verità e di proclamarla davanti agli altri. E la verità è questa: l’amore, che non è solo sentimento ma vita, che ci lega alla madre Patria! Figli di un’unica madre Patria e fratelli, secondo una fratellanza che né a scuola, né qua, né là ci avevano mai insegnato, ma ora la scopriamo da noi stessi. E tutto in un colpo, come per un balzo o un soprassalto interiore, felici, apriamo gli occhi, vediamo meglio, vediamo chiaro e ci scopriamo Popolo; Popolo libero, indipendente, anche se costretto – ben lo sappiamo – ancora per un po’ di tempo, a fare i conti con la presenza di uno Stato altro.

Sono andato perciò di corsa a fare alcune fotografie, prima che si rompesse l’incantesimo dell’ultima, magica, splendida luce di questa giornata della prima settimana d’estate. Ora le trasmetto tutte, anche se non tutte sono belle (anzi, alcune sarebbero state da eliminare, ma non ho voluto); rendono l’idea di quanta luce, materiale e spirituale, e di quanta vita ci fosse e ci sia (per l’oggi e per il domani) in quella bandiera. Nelle ultime fotografie si percepisce, dall’oscurarsi della luce sul monte Pelmo, che il sole ormai stava completando il suo tramonto.

Viva San Marco! E un grazie ai molti che in questi giorni mi hanno letto e scritto; ho bisogno anch’io di sapere che non sono un San Giovanni Battista che predica ovvero scrive nel deserto, ma faccio parte di una famiglia che ruggisce dentro di amor patrio!

Sullo sfondo, il monte Pelmo.

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