DON FLORIANO, Scelta di immagini e testi

1) E poi dicevano che papa Gregorio XVI era un retrogrado; ce ne fossero di retrogradi come lui!

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2) «Mi può dare un euro? Solo un euro?». È vero: questi mendicanti di professione fregano la gente che è una bellezza! E il peggio si è che non si può neppure protestare o denunciarli, perché «si fa la carità volontariamente». Ha scritto un esercente: «Quando il ragazzo di colore, che sta seduto fuori dal Conad, viene da me per cambiare le monete, mi rendo conto che in due ore e mezza ha in mano 60 euro». E tu risparmi sull’etto di mortadella!

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3) Lo scultore Floriano De Pellegrin, allievo del Besarel. Su questo scultore sappiamo ben poco. Teniamo perciò ben presente l’articolo qui riportato, a firma del prof. Flavio Vizzutti.

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4) Questo è un piccolo video per ridicolizzare Salvini. Ma non ci caschiamo, non c’è motivo; l’uomo vale indipendentemente da queste sciocchezze; ma si vede che per essere grandi nelle Sinistre si possono fare quante sciocchezze e disonestà si vogliano, purché protetti dal «mantello misericordioso» del Partito (questo mantello non vi fa venire alla mente la misericordia di cui parla pleno ore – potremmo anche dire sboccatamente – il Bergoglio?).

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5) Le parole di un pseudo gentiluomo. Tali sono quelle che l’innominato ha pronunciato a disonore suo, credendo di disonorare gli Italiani emigrati in Lussemburgo. Parole da fargli ringoiare una per una, vocale per vocale, consonante per consonante (quel che vorrei dirgli, non posso scriverlo, immaginatelo voi). E poi si meravigliano se sentiamo il diktat della Repubblica Federale di Germania e vogliamo andarcene anche noi, come quel maestro di vera democrazia che è il Regno Unito? E c’è un certo Mattarella (sta giù per Roma e fa il presidente della Repubblica Italiana) che continua ad esaltare il carcere europeo battezzato da lor signori laici Unione Europea; ma unione di che, se ci sono figli e figliastri?

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6) Quando abbiamo persone così impreparate (vedi sotto) in fatto di storia, o per ignoranza o per tendenziosità, cosa possiamo sperare? Resta vera la frase, pur amara, di Gianni Rodari.

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7) La bellezza dopo le nevicate è testimoniata anche da questa copia di fotografie scattate a Coi il 6 c.m., verso le 13:33. Il fabbricato è la legnaia dei Rizzardini Lugàin, costruita non molti anni fa dal valente falegname Sandro Cordella, di Gòima di Val di Zoldo. I Lugàin sono un ramo recente dei Sélva.

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8) Ho trovato questa bellissima foto area di Zoppè di Cadore e la condivido.

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9) Segnalo, d’accordo con i proprietari, questi motivi su legno della stua di casa Colussi Manéta a Pianaz. Sul rivestimento ligneo, dalla calda tinta rossastra del larice, compaiono piccoli motivi geometrici, numeri, lettere, come in tutte le stue. Incisi con il coltellino a serramanico o brìtola, erano un passatempo tollerato, purché non invasivo o tale da rovinare il rivestimento. Poteva trattarsi delle iniziali del proprio nome, di una data, di un tentativo di abbellimento, come se le pareti lisce di quei quadri di legno fossero state delle lavagne. Nel caso presente, che abbiamo voluto evidenziare, è riprodotto il fiore della vita, uno dei motivi più ricorrenti, usato anche dai Templari ma, nel caso specifico, non serve scomodarli per giustificare questa minuscola incisione. Senza con ciò sciogliere il mistero – possiamo ben chiamarlo così – che ancora avvolge l’origine della casa ora dei Colussi Manéta, ma che poteva essere della famiglia patrizia veneziana dei Cicogna, poiché sulla bifora di facciata è ancora conservato uno stemma di tale famiglia patrizia. E il mistero sta in questo: come mai i Cicogna erano venuti in Zoldo? Che attività svolgevano, se nel Seicento avevano addirittura un palazzo del genere? Erano commercianti di legname, incaricati di qualche attività mineraria? È incredibile ma, mentre essi ci hanno lasciato una casa tanto interessante, architettonicamente e storicamente, su di loro non abbiamo un solo documento, almeno in Zoldo. Fortunato e felice il giorno in cui si rinverranno da qualche parte!

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10) Ma guarda che coincidenza!

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11) Due interludi poetici di Cristiano Tresoldi. Ieri, ci ha scritto: «Questo pomeriggio il mio demone socratico non mi ha lasciato in pace un secondo! Scrivi e correggi, spegni il computer e riaccendilo: un continuo pensiero di pensieri! Comunque sia, il risultato, se pur breve, m’è parso gradevole e, poi, volutamente, più che socratico o catulliano o prevert-iano, puramente… Cristiano. Assomiglio a quei poeti dell’epoca di Dante che, se non soffrivano un cincinìn, non erano contenti? A un don Chisciotte dalla Panza? E sia, colpo di archetto, comincio la sinfonia. Sono due brevi componimenti, uno datato 28 gennaio ma completamente rivisitato e migliorato; il secondo, inedito, è di oggi, e forse si pone come una spiegazione del primo. 

Tra il cielo e la terra di Coi

Lo sguardo severo dei monti

e una brezza leggera portano

il canto dei gatti in amore:

respira la notte, con le sue lucciole, dolci fiabe

e i frassini sono addormentati.

Un contadino ubriaco, gironzolando

a zig zag tra sogni avvinazzati,

torna sulla strada di casa,

mentre la luna con il suo candore

fa da lenzuolo a una vispa volpe,

che ha scelto per letto

una coperta di tenere foglie;

l’uomo: le stringhe slacciate,

il cappello sulle ventitré, guarda

in alto e lontano la nebbia splendente,

che passa attraverso la volta del cielo

e coglie come fiori stelle comete,

scritte su pagine che nessuno scrittore

può vedere,  nell’oscurità misteriosa

d’un quaderno a righe dove i pensieri

fan caciara in un’altra epoca,

forse più infantile;

e solo Dio riesce a leggerle.

 

Tra le sue braccia

Tra le sue braccia

il pensiero ardeva,

lassù nel cielo,

la notte palpitava

e l’occhio della Luna,

simile a quello d‘un Ciclope,

presagiva,

a ondate di un mare tempestoso,

la nuda carezza del Creato,

come di cascata:

che altro vuoi che fosse,

se non Amore sublimato?

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