Erio Uccelli, di Vigo di Cadore, nelle toccanti parole del figlio Alessandro

Articolo di Alessandro Uccelli, di Vigo di Cadore, ripreso (con alcuni ritocchi nella forma letteraria) dalla sua pagina Facebook, al link: https://www.facebook.com/alessandro.uccelli/posts/10214217178603237 . L’articolo è stato pubblicato anche dal bollettino interparrocchiale di Vigo, Pelós e Lorenzago di Cadore, «L’Oltrepiave», numero di Natale 2019, pp. 15-17 (cfr. post precedente). Con l’occasione, sia pure in ritardo (papà Erio è morto il 2 aprile c.a.) esprimiamo ad Alessandro, nel ricordo dei vecchi tempi, sentite condoglianze e l’augurio di ogni bene.

Settant’anni fa, il 24 gennaio 1948, in un piccolo paesino in provincia di Belluno, Ospitale di Cadore, nacque un bambino e lo chiamarono con un nome un po’ insolito: Erio. Dopo due anni, Erio insieme a tutta la sua famiglia si trasferì ad Auronzo di Cadore. Lì fece subito amicizia con i bambini e coetanei del posto, un’amicizia che si è verificata salda e vera, rafforzata negli anni.

Un giorno, Erio con la “r”, stava giocando in strada con i suoi amici e coetanei di sette anni, quando ad un certo punto si ferma un’auto, l’autista abbassa il finestrino e chiede proprio a lui se conosce dove abita un certo Zelindo Uccelli. «È mio papà e abitiamo qui vicino», risponde sorpreso; e: «Come ti chiami, piccolo?», «Mi chiamo Erio». A quel punto questo signore rimane a bocca aperta, lo guarda intensamente con uno sguardo profondo e dagli occhi iniziano a scendere le lacrime, sempre di più. «Lo sai, piccolo Erio, ti chiami come me!». Questo signore aveva capito che Zelindo mise il nome Erio a suo figlio per ricordare il suo amico, con il quale aveva condiviso il periodo di prigionia durante la guerra. Era proprio lui, il signore dell’auto che, dopo tanti anni, finalmente era riuscito a rintracciare il suo amico Zelindo.

Gli anni passano ed un giorno Erio, insieme a tutti i suoi amici, si ritrova, dopo la Santa Messa, in canonica da Don Florio, a Villapiccola [di Auronzo]. Tutti giocavano insieme, Erio si era fermato in mezzo alla stanza, era rimasto incuriosito a fissare uno strano mobile di colore nero. Questo aveva sul fronte due pedali giganti, e si era accorto che spostando verso l’alto la tavola orizzontale, di legno, posta a mezz’altezza sopra i pedali, si scopriva una serie di tasti bianchi e neri. Don Florio vide e la capì lunga. «Puoi portartelo a casa, se mi prometti che studi ed impari, così poi, quando sei pronto, puoi venire a suonare in chiesa». Ad Erio non sembrava vero, un armonio tutto per lui, suonare in chiesa; si mise d’impegno e, dopo un po’ di pratica, suonò la sua prima Santa Messa: aveva dodici anni!

Erio si perfezionò giorno dopo giorno, anno dopo anno, fino a dirigere la Schola Cantorum di Auronzo di Cadore e suonare a molti matrimoni, tantissimi. Lo ricordate il vostro matrimonio o quello che raccontano i vostri genitori? Ecco, Erio era lì, pronto ad ogni richiesta! Ricordo che mi portava sempre con sé alle prove, il martedì, e le domeniche a Messa. Era lui all’organo e Pierin che cantava; avevano iniziato pressappoco insieme, ed hanno proseguito per tanti, tantissimi anni sempre insieme. Io ci andavo volentieri, stavo bene sempre insieme a lui! All’età di sette anni, andavo a lezione di piano a Lozzo. Ricordo una notte di Natale: abbiamo suonato nella chiesa di Auronzo un brano insieme, a quattro mani, «Campane di Pasqua». Avevo imparato solo quel brano, ma lui ci teneva tanto a suonarlo con me e io lo stesso con lui, tanto che, se era un brano pasquale suonato nella notte di Natale poco importava, è stato emozionante per tutti!

Nonostante l’impegno per la scuola, lo studio con l’armonio per mantenere la promessa fatta a Don Florio, Erio si dedicava anche al calcio e all’hockey su ghiaccio, mettendo sempre, anche qui, il massimo impegno e con ottimi risultati.

Nel 1980 mi portò con sé all’adunata degli Alpini a Genova; mi portava nel suo zaino, avevo cinque anni, la mia prima adunata degli Alpini. Ne abbiamo fatto tante altre insieme; è lì che mi ha trasmesso la passione per la musica, in particolare per i canti di montagna e degli Alpini. Abbiamo proseguito tanti anni insieme a cantare anche con il coro «Oltrepiave», di Vigo di Cadore, dove conservo dei bellissimi ricordi!

Terminati gli studi, Erio andò a lavorare alla Montedison di Marghera, per due anni; poi iniziò la sua avventura lavorativa all’ECMA, prima a Pieve poi a Calalzo, e la proseguì fino al giorno della pensione. In quegli anni, l’occhialeria era il motore trainante dell’economia del Bellunese, soprattutto del Cadore. Qui Erio ha conosciuto tantissime persone; prendeva gli ordini e faceva le consegne per tutte le fabbriche di occhiali del Bellunese, del Comelico e del Friuli.

La parola No non faceva parte del suo vocabolario; era disposto con tutti e pronto ad aiutare tutti quanti; allora, quando vedeva le persone felici, lui lo era ancora di più.

Per un periodo ha seguito anche la squadra di calcio locale, come dirigente, mettendo anche qui il massimo impegno e disponibilità verso tutti.

Arrivò l’ora della pensione. Suo figlio si era appena imbattuto in una nuova avventura a Lignano Sabbiadoro. Aveva già capito che l’inizio non sarebbe stato facile per lui, e così decise di seguirlo. Qui conobbe Don Angelo, che subito lo mise alla prova nelle tre chiese di Sabbiadoro, Pineta e Riviera. Anche qui, fin da subito, si fece ben volere da tutta la comunità di Lignano, nonché dai numerosi turisti, ed instaurò nuove amicizie.

Questi ultimi quindi anni, Papà, li abbiamo vissuti intensamente. Sei stato determinante in tutto quello che abbiamo creato; senza di te al mio fianco, non sarei mai riuscito a fare tutto quanto! Molti sacrifici; mi sei sempre stato vicino, specialmente nei momenti più duri e difficili. Io ero un libro aperto per te; se qualche volta mi nascondevo dietro un sorriso, tu capivi subito come mi sentivo ed eri pronto ad intervenire.

Cosa mi mancherà di te? Tutto, Papà: il tuo sorriso, la tua stretta di mano, il tuo calore, i bigliettini che mi lasciavi dappertutto, i tuoi rimproveri, le risate, gli scherzi, i battibecchi, tutti i santi giorni allo Shaker, tu che suoni le musiche da Messa fuori dal bar, nelle pause della band, e la gente che applaude; vederti arrivare in bici, le cantate che ci facevamo in macchina, io una voce e tu l’altra; la tua tenacia anche durante la malattia, sicché, nonostante le mille difficoltà che avevi anche a muovere un solo dito, quando a Natale ti ho portato la tastiera all’ospedale, mi hai suonato «Stille Nacht!». Tutto, Papà, mi mancherà: la tua generosità, la tua umiltà e soprattutto il tuo GRANDE AMORE. Ce l’avevamo quasi fatta…

Grazie infinite, Papà, di tutto, per tutto quello che mi hai insegnato: il rispetto per il prossimo, le lezioni di vita anche fino al tuo ultimo giorno qui con me; non riuscirò mai a colmare tutto l’amore che hai avuto per me; sei stato un amico ed un padre esemplare in tutto! Indelebili nel mio cuore sono le parole che mi hai sussurrato all’orecchio un anno fa, prima che partissi per l’America, e saranno queste tue parole che mi daranno la forza per andare avanti! Ciao, Erio, grande uomo e amico di tutti!, Ciao, Papà, il mio amore per te è immenso! Ciao, Cicion, vola sereno nella luce infinita!

Dalla pagina Facebook di Alessandro Uccelli prendiamo e pubblichiamo, inoltre, queste due belle fotografie, di lui con papà Erio, e le didascalie lì unite.

Bologna maggio 1982, avevo sette anni, già la mia seconda Adunata! Gli Alpini, i canti, le fisarmoniche, l’amicizia, i bellissimi ricordi sempre con mio papà! […]

Tanti anni fa, sempre insieme!

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