MONEGO, Hai il coronavirus. La storia si ripete

Val di Zoldo, Fornesighe, trave centrale o medìese del tetto di una casa. Reca la data di costruzione, il 1679, e una croce, per invocare la benedizione di Dio

Articolo, del giorno d’oggi, del dott. Pietro Monego, che sentitamente ringraziamo

Sì, la storia si ripete, perché il genere umano cade sempre nei medesimi errori. Ce lo confermano due episodi delle cronache odierne.

IL PRIMO EPISODIO

«Hai il coronavirus»: un cameriere filippino di 31 anni è scambiato per cinese, insultato e picchiato su un autobus di Cagliari. L’incredibile storia è avvenuta la scorsa notte a bordo di un autobus della linea 9 del Ctm, che dal centro della città porta ad Assemini. Ora la vittima è ricoverata all’ospedale «Brotzu» per trauma facciale, con una prognosi di trenta giorni.

Prendiamo in mano «I promessi sposi», al cap. XXXII:

«[…] Nella chiesa di sant’Antonio, un giorno di non so quale solennità, un vecchio più che ottuagenario, dopo aver pregato alquanto in ginocchioni, volle mettersi a sedere; e prima, con la cappa, spolverò la panca.

– Quel vecchio unge le panche! – gridarono a una voce alcune donne che vider l’atto.

La gente che si trovava in chiesa (in chiesa!), fu addosso al vecchio; lo prendon per i capelli, bianchi com’erano; lo carican di pugni e di calci; parte lo tirano, parte lo spingon fuori; se non lo finirono, fu per istrascinarlo, così semivivo, alla prigione, ai giudici, alle torture.

«Io lo vidi mentre lo strascinavan così, – dice il Ripamonti: – e non ne seppi più altro: credo bene che non abbia potuto sopravvivere più di qualche momento».

L’altro caso (e seguì il giorno dopo) fu ugualmente strano, ma non ugualmente funesto.

Tre giovani compagni francesi, un letterato, un pittore, un meccanico, venuti per veder l’Italia, per istudiarvi le antichità, e per cercarvi occasion di guadagno, s’erano accostati a non so qual parte esterna del duomo, e stavan lì guardando attentamente.

Uno che passava, li vede e si ferma; gli accenna a un altro, ad altri che arrivano: si formò un croc-chio, a guardare, a tener d’occhio coloro, che il vestiario, la capigliatura, le bisacce, accusavano di stranieri e,quel ch’era peggio, di francesi.

Come per accertarsi ch’era marmo, stesero essi la mano a toccare. Bastò. Furono circondati, afferrati, malmenati, spinti, a furia di percosse, alle carceri.

Per buona sorte, il palazzo di giustizia è poco lontano dal duomo; e, per una sorte ancor più felice, furon trovati innocenti, e rilasciati.

Né tali cose accadevan soltanto in città: la frenesia s’era propagata come il contagio.

Il viandante che fosse incontrato da de’ contadini, fuor della strada maestra, oche in quella si dondolasse a guardar in qua e in là, o si buttasse giù per riposarsi; lo sconosciuto a cui si trovasse qualcosa di strano, di sospetto nel volto, nel vestito, erano untori: al primo avviso di chi si fosse, al grido d’un ragazzo, si sonava a martello, s’accorreva; gl’infelici eran tempestati di pietre, o, presi, venivan menati, a furia di popolo, in prigione. Così il Ripamonti medesimo. E la prigione, fino a un certo tempo, era un porto di salvamento…..».

IL SECONDO EPISODIO

Poche ore fa a Palermo, dove si è verificato il primo caso di coronavirus in Sicilia, carrelli pieni e dopo poche ore scaffali vuoti.

Apriamo «I promessi sposi» al cap. XII:

«Il furore accrebbe le forze della moltitudine: la porta fu sfondata, l’inferriate, svelte; e il torrente penetrò per tutti i varchi. […] Si slanciano ai cassoni; il pane è messo a ruba. Qualcheduno invece corre al banco, butta giù la serratura, agguanta le ciotole, piglia a manate, intasca, ed esce carico di quattrini, per tornar poi a rubar pane, se ne rimarrà. La folla si sparge ne’ magazzini. Metton mano ai sacchi, li strascicano, li rovesciano: chi se ne caccia uno tra le gambe, gli scioglie la bocca, e, per ridurlo a un carico da potersi portare, butta via una parte della farina: chi, gridando: – aspetta, aspetta, – si china a parare il grembiule, un fazzoletto, il cappello, per ricever quella grazia di Dio; uno corre a una madia, e prende un pezzo di pasta, che s’allunga, e gli scappa da ogni parte; un altro, che ha conquistato un burattello, lo porta per aria: chi va, chi viene: uomini, donne, fanciulli, spinte, rispinte, urli, e un bianco polverìo che per tutto si posa, per tutto si solleva, e tutto vela e annebbia. Di fuori, una calca composta di due processioni opposte, che si rompono e s’intralciano a vicenda, di chi esce con la preda, e di chi vuol entrare a farne» .

L’assalto al forno  delle Grucce  descritto dal Manzoni fu sicuramente un gesto violento, ma i meccanismi psicologici che spingono oggi gli Italiani a svuotare i supermercati appaiono gli stessi  di allora.

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