MONEGO, Zoldani, altri Bellunesi, e Feltrini partecipanti alla spedizione dei Mille

Del dott. Pietro Monego

Il PDF è al link:

Presentazione di don Floriano Pellegrini

Con l’impegno che lo caratterizza e dà buoni risultati, il dott. Monego ha concretizzato un nuovo articolo, che mette a nostra disposizione e utilizzazione. E’ un insieme di agili schede biografiche sugli otto volontari che, provenienti dalle comunità ora aggregate (per scelte dall’alto, non democratiche) a formare la provincia di Belluno, si misero a disposizione del ricercato internazionale Giuseppe Garibaldi, al soldo della Massoneria inglese e l’appoggio subdolo ma reale di Casa Savoia e del Governo piemontese guidato dal conte di Cavour, per invadere e abbattere il Regno delle Due Sicilie, cominciando dall’isola. Nella tendenziosa ricostruzione dei fatti operata e divulgata dal Regno d’Italia e da quanti, anche dopo la sua fine, avevano (e hanno) interesse a giustificare quegli atti di terrorismo internazionale e di violazione del diritto dei Popoli all’autodeterminazione, quelle azioni criminose vennero spacciate per eroiche, quei collaborazionisti e sovente poveri sbandati per eroi.

Degli otto di cui si occupa il Monego, ben tre erano agordini (due dell’isolato ma affascinante Comune di Gosaldo, uno del lontano Caprile, in comune di Alleghe ma realmente comunità con una storia autonoma e più legata al Cadore che all’Agordino), uno era di Zoldo, quattro erano feltrini, almeno per nascita. Per i tre agordini, forse non è disutile osservare che i loro Comuni (Gosaldo e Alleghe) erano entrambi limitrofi al Tirolo austriaco, quindi paesi di confine; una cosa simile si potrebbe dire di Feltre, nella cui area anche di recente sono stati effettuati referendum per il passaggio di regione, dal Veneto al Trentino-Alto Adige (per nulla tenuti in considerazione dallo pseudo democratico Stato italiano); la città di Feltre e la sua area storica (il Feltrino) mal vivono, e per sacrosante ragioni, la loro forzata soggezione alla città di Belluno. Si osservi pure che nessun volontario proveniva dal Cadore, nessuno dall’Alpago, nessuno dalla città di Belluno o dalla Val Belluna. Confrontando i due dati (della provenienza e della non provenienza) e tenendo conto della professione, del grado di istruzione e della posizione sociale di questi individui, spacciati per eroi, risulta che erano piuttosto persone alla ricerca di una migliore sistemazione sociale, di un superamento della loro marginalità (uno era un disoccupato che viveva alla giornata; pur volendo dir bene, neppure l’agiografo italiota seppe tacere questa sua misera condizione). Il Marco Corona Marchi di Zoldo era figlio di un povero mulattiere e non viveva certo nell’oro.

Fa eccezione, in modo sensibile, il garibaldino Pezzè, di Caprile. Egli, intanto, era sì agordino, ma di Caprile, comunità con una sua storia specifica per buoni tratti distinta da quella dell’Agordino; era, inoltre, persona uscita già prima dalla sua terra, essendo andato a studiare all’Accademia di Pavia, dove era diventato ingegnere, e già s’era impegnato militarmente a fianco dei Savoia, arruolandosi l’8 maggio 1859 quale soldato volontario nel 19.° Reggimento di Fanteria dell’Italia Centrale. Questa persona supera di gran lunga, per qualità umana, quella dei suoi casuali commilitoni del Bellunese nella Spedizione dei Mille. La sua figura, a mio parere, non solo non può essere ridotta e interpretata, esclusivamente o prevalentemente, in base a quel singolo fatto, come sinora avvenuto, ma deve essere meglio approfondita nella sua identità generale, soprattutto quale studioso e ingegnere del Genio. Se c’è uno che ancora non è stato messo in giusta luce è l’ing. Giovan Battista Pezzè di Caprile (1838-1914).

E’ sembrato utile anche a me, oltre che al Monego, diffondere la conoscenza di queste persone, così diverse e solo apparentemente uniformate; non per innalzare loro un tributo di onore, che non so proprio su cosa si potrebbe reggere, ma per riflettere sulla loro vicenda, sulle ipocrisie della politica degli Stati e sulla strumentalizzazione del sentimento patriottico dei Popoli, soprattutto dei cittadini più giovani, socialmente più vulnerabili e culturalmente più influenzabili, messa in atto dalle lobby. Pericolo che è sempre incombente, come purtroppo tante volte dobbiamo prender atto, e dal quale perciò è sempre necessario cercare di difendersi, smascherandolo socialmente e pubblicamente.

Ho aggiunto, infine, il PDF con la pubblicazioncina che, come Baliato, abbiamo fatto nel 2013, a cento anni dalla morte dell’avv. Clemente Pellegrini (1841-1913), anch’egli garibaldino, per quanto nella cosiddetta terza guerra d’indipendenza, nel 1866, per la conquista al Regno d’Italia del Trentino.

Nella stessa circostanza, ossia allo stesso combattimento contro il Tirolo austriaco, aveva preso parte Adriano Pasqualin, noto impresario edile di Zoldo. In realtà, stando ad alcune notizie gentilmente fornite al Monego dal cav. Romano Gamba, egli, pur nato a Campo di Zoldo il 23 settembre 1846, non era di famiglia zoldana ma cadorina; suo padre Floriano, infatti, era venuto in Zoldo a seguito del matrimonio con certa Anna Pra Baldi. Adriano nel 1880 si sposò con Angela Bottecchia, figlia di Michele e di Giuditta Pra Baldi (lei pure). Nel 1889 Adriano, insieme al cognato Paolo Vienna (ebreo, di Longarone) costituì a Venezia la “Società Pasqualin & Vienna; Impresa di Costruzioni Edili”. Morì a Roma nel 1931. Purtroppo, per la storia di Zoldo e dei Signori Pellegrini di Dozza, divenne erede – sia pur legittimo – del loro storico palazzo, che demolì, delle loro opere d’arte, dei ritratti di famiglia e dell’archivio storico di Famiglia, al quale non abbiamo mai potuto avere accesso (ammesso che non sia stato disperso). Le simpatie dei Pasqualin per la Massoneria, infatti, ci hanno reso meno facile, per non dire invalicabile, il muro del distacco da allora creatosi.

Il PDF fatto in onore del sen. Clemente Pellegrini è al link:

Il Pellegrini in età avanzata e in abito da garibaldino (ammesso che sia lui)

***