PETTAZZI, 2010, Su un presepio senza i Re Magi

L’universalismo massonico nega, espressamente o subdolamente, e vorrebbe imporre la negazione del valore delle differenze di religione, di patria, di razza, di sessualità, di identità locale e storica, e di qualsiasi altro genere, per fare dell’umanità un «campo di concentramento» di anonimi, naturalmente manipolati e controllati da chi si crede superiore all’anonimato e non un numero qualsiasi, come vuole e vorrebbe che siano (fossero) gli altri. Questo universalismo propugna, quindi, un’unità di lingua (ad esempio, ma non unico, l’inglese), di religione (mixage di tutte le altre, che, per essere tali, dovrebbero svuotarsi di quello che le rende dogmaticamente diverse), di governo, di moneta e di economia (naturalmente in mano di chi sappiamo bene, ossia delle banche mondiali, che già lavorano per questo e sono un tutt’uno con la Massoneria).

L’universalismo massonico, detto anche globalismo o mondialismo è una realtà e una minaccia; guai a crederlo un’ipotesi formulata dagli studiosi e non cominciare ad organizzarsi e reagire! Molti, sia nella società civile in genere come nella Chiesa vi aderiscono, o da ingenui o da complici, in buona o in malafede. Stiamo assistendo a intere schiere di cervelli venduti alla nuova ideologia. Non è ammissibile non rendersi conto di questo vasto fenomeno culturale e sociale, che sta trasformando e minando, dalle basi, la convivenza nazionale e internazionale, il senso dell’essere Popoli, comunità, Stati, aziende, persone.

Utile si rivela a questo riguardo, tra gli innumerevoli esempi che si potrebbero portare, quanto segnalatoci dall’amico Tomaso Pettazzi, che ringraziamo. Egli, prendendo spunto da un articolo apparso su «Vita International» del 5 gennaio 2010 (cfr. http://www.vita.it/it/article/2010/01/05/i-re-magi-respinti-alla-frontiera/96995/# [1] ) , ha spedito – ma invano – a vari mass media la lettera che noi, invece, ci onoriamo di pubblicare. Personalmente, ossia come Comunità specifica di Zoldo, siamo talmente contrari a queste follie mondialiste, autentiche diavolerie, che – pur senza incitare alla violenza (come detto giorni fa) – saremmo propensi ad una riflessione collettiva sui vari usi cui, oltre ai noti del far le pulizie e da trasporto per la Befana, potrebbe servire il manico della scopa. Simile riflessione nessuno può impedircela!

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A proposito del Presepe senza Re Magi di Agrigento, vorrei far presente all’ideatore, Valerio Landri e al vescovo, monsignor Francesco Montenegro, quanto si deduce dal Vangelo di Matteo (2,1-12): i Re Magi non giunsero in Giudea di nascosto; al contrario: si palesarono, chiedendo apertamente e a più riprese informazioni in loco sul bambino appena nato, per rendergli omaggio. Inoltre, si presentarono all’autorità locale, il re Erode, interessato, per loschi fini, a scoprire dove fosse nato il Cristo. Addirittura ne ricevettero un «mandato esplorativo», perché poi gli riferissero notizie dettagliate (sappiamo che dopo non tornarono da lui, essendo stati avvisati della sua malvagità, ma questo è un altro discorso).

Giunti a Betlemme, i Magi entrarono con ossequio nell’umile casa del Signore, rispettandola e onorandola. Quindi, se tutti gli extracomunitari attuali (la gran parte già lo fa, a dire il vero) si comportassero come i Re Magi, chiedendo cioè autorizzazione all’ingresso, presentandosi all’autorità competente (magari con tanto di documenti personali), motivando la loro venuta in Italia (non pretendo per portare doni, ma almeno dimostrando le proprie attitudini lavorative, il che è un dono di per sé), non troverebbero alcun problema (economico e di viaggio in primis) ad entrare e risiedere nel nostro Paese.

Aggiungo, inoltre, quanto ancora afferma Matteo (22,15-22) riguardo alla risposta data da Gesù ai Farisei: «Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Egli cioè non si fece compromettere sul piano politico, cosa che invece succede ai due zelanti esponenti agrigentini. Con le sue parole fece capire che è doveroso essere soggetti, onestamente, all’autorità, distinguendo il potere temporale da quello spirituale. Quindi solidarietà, amore, aiuto a chi si trova in difficoltà, ma anche rispetto e doverosa osservanza delle leggi da parte di tutti, cittadini e stranieri.

Chiudo chiedendo scusa al Bimbo Gesù per il disorientamento che ha certamente provato nella sua venuta in questo Natale: da qualche parte non lo hanno addirittura fatto nascere, altrove l’hanno colorato di nero, giallo, ecc., in altre occasioni si è trovato attorniato da strani personaggi. Addirittura talvolta non ha visto la Croce negli ambienti dove è stato allestito il  Presepe ( dubitando forse della sua nota visione profetica?).

Cordiali saluti.

Tomaso Pettazzi

NOTA

[1] «I re magi respinti alla frontiera» di Lorenzo Alvaro. Il sottotitolo dice: «La trovata è del direttore della Caritas di Agrigento Valerio Landri e dell’ arcivescovo Francesco Montenegro». Questo il testo:

Nel presepe della Cattedrale di Agrigento alla vigilia dell’Epifania è apparso un cartello che recita “Si avvisa che quest’anno Gesù Bambino resterà senza regali: i Magi non arriveranno perché sono stati respinti alla frontiera insieme agli altri immigrati”. «È stata un’iniziativa concordata con l’arcivescovo Francesco Montenegro», ha spiegato a Repubblica Valerio Landri, direttore Caritas «perché abbiamo ritenuto che si dovesse dare un segnale per far riflettere la comunità ecclesiale e civile. Pensiamoci bene: oggi Gesù Bambino, se volesse venire da noi, probabilmente sarebbe respinto alla frontiera. Non abbiamo inteso fare polemica politica, siamo consapevoli che è necessaria una regolamentazione del fenomeno, ma siamo convinti che bisogna anche comprendere il perché questa gente fugge dal suo paese e bisogna dunque pensare all’accoglienza».

Landri ha raccontato anche delle diverse reazioni da parte della gente, «c’è chi ha plaudito alla nostra iniziativa ma anche chi si è lamentato sostenendo che abbiamo voluto sacrificare la tradizione alla problematica legata all’immigrazione. Noi pensiamo che la tradizione non possa essere anteposta ai diritti delle persone».

La fotografia qui riportata è pure presa da tale articolo.

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