Venezia: la pasticceria Rizzardini ha 279 anni ed è la più antica bottega veneziana di “scaletèr”

Venezia, antica pasticceria Rizzardini, clienti al banco

Articolo, del 28 luglio 2020 (per cui nel titolo era detto 278 anni), tratto da: https://www.metropolitano.it/rizzardini-piu-antica-bottega-di-scaleter-a-venezia/ – Se non vado errato, l’ultima proprietaria Rizzardini fu la sig.a Giuliana, del casato dei Bépi, di cui faceva parte anche mons. Pietro Rizzardini.

George Clooney non si è ancora visto ma qui ci vengono Alessandro Gassman, Ottavia Piccolo, l’ex rettore dello Iuav Marino Folin, qualche sindaco ed ex sindaco, nobildonne veneziane appassionate dall’atmosfera avvolgente e autenticamente storica del locale, personaggi più o meno noti. Anche sportivi, tra cui  lo sciatore alpino Gustav Thoeni. «E tanti veneziani, ed è per noi una grande soddisfazione».

Paolo Garlato parla di quella stanza di 15 metri quadrati che è la pasticceria Rizzardini, San Polo 1415.  Un vero punto di riferimento non solo per il sestiere, ma per tutta Venezia, dice con orgoglio uno dei soci di questo scrigno di dolcezze, che nascono sotto l’attenta mano di Paolo Meggiato, da 27 anni vero regista della produzione di questa bottega di scaletèr divenuta un simbolo per la città.

Venezia, antica pasticceria Rizzardini, clienti al banco

La pasticceria Rizzardini è la più antica di Venezia ancora attiva. Sforna torte, pasticcini, sanmartini, focacce e ciambelle dal 1742.

«Un tempo i dolci erano per pochi e per poche occasioni. Non come oggi che c’è di tutto e sempre», scandisce Garlato, che nel 1982 decise di rilevare, assieme a Primo Pulese, dai Rizzardini senza eredi, questa straordinaria bottega dove ancor oggi la vetrinetta Art Nouveau mette in mostra bussolai dolci o pepati, baicoli, scalete e mandorlato.  Un gioiellino di arredo originale del 1910, come le specchiere, i marmi e la boiserie, che addirittura risale al 1800, fatta con il legno di rovere della Val di Zoldo. A impreziosire il tutto, il pavimento veneziano, arricchito di perle rosetta.

Oggi, mentre Paolo, lo scaleter, è impegnato nel laboratorio, l’altro Paolo e Nicola si alternano alla vendita assieme alle rispettive mogli: Anna, con la figlia Marta, e Carlotta. Tutti imparentati, esattamente come nel 1870 quando, dallo Zoldano, arrivò a Venezia una famiglia di pasticceri: i Rizzardini, appunto.

Venezia, antica pasticceria Rizzardini, copia del documento della Serenissima, conservato nella pasticceria

In quei vani c’era già un forno da dolci di cui si ha notizia fin dalla prima metà del XVIII secolo, grazie a un documento conservato all’Archivio di Stato in cui il doge Marino Grimani proibisce la bestemmia nel negozio dello scaleter sito in Campiello dei Meloni.

Quindi, lì già si facevano e si vendevano le celebri e delicate scalete.
«Dolci semplici e friabilissimi, con scalettatura di sfoglia, di grande moda al tempo, da cui il proverbio veneziano: sfaldarsi come una scaleta», spiega con passione storiografica Paolo Garlato.

Ed ecco perché i pasticceri a Venezia vengono chiamati scaleteri.

Ma già una “rivoluzione dolce” c’era stata visto che, nel 1733, un decreto del Serenissimo Senato è volto a tutelare le Arti e in particolare gli scaleteri (che avevano come chiesa ufficiale quella di San Fantin con anche una Scuola) entrati in crisi perché le botteghe stavano passando in mano a dei foresti non molto apprezzati in città perché luterani: i Grigioni.

Dalle vallate della Svizzera sudorientale erano giunti a Venezia grazie anche alle esperienze fatte con i Cadorini e gli Ampezzani: ma erano diversi e non rispettavano il calendario cattolico con le sue ricorrenze e divieti circa cibi e dolci. I proventi delle botteghe veneziane da loro rilevate finivano in gran parte in Svizzera, e al Senato questo non andava bene. Insomma, la Serenissima, sempre attenta agli affari, intrecciò bussolai e cialde con i flussi di cassa della Repubblica.

Nell’agosto 1776 ritorna tutto in mano dei «nati in Veneto e dei sudditi dello Stato», come si legge nei documenti.

Venezia, antica pasticceria Rizzardini, planimetria del 1800

I RIZZARDINI, SCALETERI PER SEMPRE

Circa cinquant’anni dopo non c’è più la Repubblica, Venezia è austriaca e per 1.900 lire austriache d’argento la nobildonna Caterina Molin Cigolo vende la bottega a un ciambellaio e arrivano i Rizzardini.

«Qui è sempre stata una pasticceria con forno proprio», spiega Carlotta mostrando una mappa catastale con tanto di timbro con aquila imperial-regia: forse anche Daniele Manin o Giacinto Gallina non hanno resistito a una cioccolata calda con savoiardi tra Calle del Forno e Campiello dei Meloni.

La Pasticceria Rizzardini è come una macchina del tempo, un pezzo di storia di Venezia. «E noi siamo riconoscenti, in particolare ai clienti veneziani, che ci sono stati vicini in occasione dell’acqua alta del novembre dell’anno scorso e ancora ci hanno dimostrato subito solidarietà dopo il lockdown», dicono Paolo Garlato e Nicola, mentre Marta prepara una bevanda che certo ai tempi dei dogi non c’era. «Ma oggi ce la chiedono, un Pimm’s dissetante ora che è estate. E, poi, cappuccino e Prosecco e l’immancabile spritz, ma è sui dolci che lasciano le voglie».

«Giorni fa, una signora tedesca voleva delle frittelle», Così ride dalla porta del laboratorio Paolo, lo scaleter, posando un vassoio di pastine pronte nell’antica vetrina che, negli anni, mantiene viva la tradizione delle scalete e della pasticceria locale.

Venezia, antica pasticceria Rizzardini, uno sguardo ai dolci

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