VIGANO’, La Chiesa (realtà divina) in Italia si è assoggettata allo Stato (realtà umana)?

Sembra non sappiano neppure loro che pesci pigliare. Come possono, perciò, essere di guida agli altri?

Articolo di S.E. mons. Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti, del giorno d’ieri, tratto da: https://www.maurizioblondet.it/lo-spettro-in-vaticano/ . Il testo è integrale. Il titolo all’originale è: «Lo spettro in Vaticano. Coronavirus. Viganò: la sudditanza della Chiesa allo Stato». La lettera è introdotta da queste parole del dott. Marco Tosatti: «Carissimi Stilumcuriali, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ci ha mandato questa sua riflessione sul coronavirus e i diversi pronunciamenti della Conferenza Episcopale Italiana, dei vescovi e del Vicario per la città di Roma. Buona lettura». 

Ciò a cui stiamo assistendo in queste ore è drammatico, in tutt’Italia, certamente, ma in modo tragicamente esemplare a Roma, cuore della Cattolicità. Uno scenario tanto più sconcertante quanto più in gioco non c’è solamente la salute pubblica ma la Salvezza delle anime, quella eterna, di cui da tempo ormai, come Pastori, abbiamo cessato di infiammare il desiderio dei nostri fedeli.

Li abbiamo così deprivati di quei doni soprannaturali che ci rendono capaci di far fronte alle prove di quaggiù, persino agli assalti della morte, con la forza della fede e con quel sussulto di inesauribile ed incrollabile speranza, che ci deriva dall’anelito verso il destino di gloria per il quale siamo stati creati.

I pronunciamenti della CEI, quelli ondivaghi del cardinale Vicario di Roma, come pure le immagini surreali e spettrali che ci provengono dal Vaticano, sono altrettante espressioni dell’oscuramento della fede, che ha colpito i vertici della Chiesa. I Ministri del Sole, come amava chiamarli Santa Caterina da Siena, ne hanno provocato l’eclisse, consegnando il gregge alla caligine di dense tenebre.

A proposito dei provvedimenti della CEI: quando quelli emanati dallo Stato erano ancora limitati nelle sole zone a rischio, a determinati esercizi e in precise fasce d’orario, la CEI aveva già provveduto a cancellare la totalità delle celebrazioni liturgiche pubbliche in tutte le chiese del territorio, contribuendo ad alimentare paure e panico e privando i fedeli del conforto irrinunciabile dei sacramenti. È difficile non pensare che una simile misura non sia stata suggerita al presidente della CEI da colui che, protetto dalle Mura leonine, sogna da ormai ben sette anni una chiesa in uscita, accidentata, ospedale da campo, che non esita ad abbracciare tutti e a sporcarsi.

Gli eventi ecclesiali di queste ore hanno reso palese, se ancora ce ne fosse stato bisogno, la tragica sudditanza della chiesa nei confronti di uno Stato che si adopera e si prodiga in tutti i modi per distruggere l’identità cristiana della nostra Italia, asservendola ad una agenda ideologica, immorale, nemica dell’uomo e della famiglia, mondialista, malthusiana, abortista, migrazionista, che vuole la distruzione della Chiesa, e non certo il bene del nostro Paese.

A porre rimedio all’assenza di una voce autorevole e di gesti rincuoranti da parte del Vicario di Cristo e dei pastori hanno provveduto il coraggio e la sapienza di alcuni ardenti sacerdoti e fedeli laici.

Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo! Aprite, anzi spalancate le porte delle nostre chiese perché i fedeli vi possano entrare, pentirsi dei loro peccati, partecipare al Santo Sacrificio della Messa e attingere al tesoro di grazie che sgorgano dal Cuore trafitto di Cristo, nostro unico Redentore che può salvarci dal peccato e dalla morte.

+ Carlo Maria Viganò

Ben diverso l’atteggiamento dei cristiani autentici, disposti ad affrontare il martirio. Qui siamo a Roma, nella chiesa di Santa Cecilia in Trastevere; questo è l’altare maggiore, con ciborio di Arnolfo di Cambio, del 1293 . In basso si intravede la scultura di Santa Cecilia (1600), capolavoro di Stefano Maderno . La scultura venne modellata sul corpo della Santa, così come rinvenuto nel 1595, quando la sua tomba venne aperta. Ah, santa Cecilia, santi Martiri, pregate per noi, che abbiamo la sensazione di essere abbandonati dai nostri Pastori!

Postfazione di don Floriano Pellegrini e del dott. Edoardo Rubini

Abbiamo preso atto con sensi di stima e segnaliamo con piacere, e senso di responsabilità, un fatto nuovo tra l’alto clero cattolico. Il prelato che, nel modo e dal grado più autorevoli, ha avuto la lealtà e il coraggio di evidenziare e criticare la politica bergogliana di affossamento della Tradizione Cattolica (cioè della Chiesa come tale, poiché Chiesa e Tradizione ecclesiale sono in definitiva la stessa realtà, cioè la Comunità una, sancta, catholica et apostolica fondata da Cristo e che da lui è traditur, condotta guidata e accompagnata nel tempo), l’arcivescovo mons. Carlo Maria Viganò, ha ridato fiato all’antica accusa di distruggere l’identità cristiana dei Popoli italiani che la Chiesa ha rivolto e rivolgeva allo Stato italiano fin dal suo sorgere.

È innegabile lo scontro, prolungato e grave, tra Chiesa Cattolica e il Regno d’Italia, sorto per le mire espansioniste e pseudo-unificatrici di quest’ultimo, nell’Ottocento, soprattutto nella sua seconda metà; scontro apparentemente e formalmente conclusosi solo nel 1929, con la firma dei Patti Lateranensi, sottoscritti per il re dal capo del Governo, Benito Mussolini, e per il Papa dal segretario di Stato, card. Pietro Gasparri. Da allora i rapporti bilaterali entrarono, infatti, in una fase di normalizzazione o, almeno, si tentò di farlo e di farlo credere. Dall’ascesa al trono del savoiardo Vittorio Emanuele II fino al 1929, infatti, i cattolici erano stati consapevoli, dolorosamente consapevoli, di dover vivere in uno Stato autoritario, spietato con chi non ne avesse condiviso l’ideologia laicista e centralizzatrice, guerrafondaio a danno dei suoi Popoli e delle Nazioni confinanti, soprattutto ostile, fortemente e stabilmente ostile alla Fede cattolica; uno Stato fantoccio, non espressione reale dai suoi Popoli ma creatura, fortemente condizionata nel suo sorgere e manovrata nel suo permanere, delle Logge massoniche e dai circoli cosiddetti liberali, che la fiancheggiavano. Si pensi a quel che significa la famosa stella a cinque punte, che appare nei simboli tutti dello Stato, ed è un simbolo massonico!

Dalla seconda metà dell’Ottocento agli inizi del Novecento, la Chiesa era stata sistematicamente espropriata dei suoi beni materiali, ricevuti in dono dai fedeli o retaggio storico, e le masse dei cattolici erano state ridotti al silenzio, all’impotenza e alla dittatura in casa; alla distruzione delle antiche economie agricole e collettive, al lastrico, per far posto alle insorgenti economie borghesi; intere popolazioni erano state spediti a fare da carne da cannone in questa o quella guerra di liberazione e di indipendenza, quando non s’erano viste costrette, in qualche modo ma realmente, a fuggire in massa dalle inattese, nuove condizioni di miseria, creando un fenomeno migratorio (guarda caso: post-unitario) quale non s’era mai registrato nelle terre e tra le Comunità della penisola.

Il fascismo aveva tentato, e in parte c’era riuscito, a mistificare le generazionali situazione di contrasto, finché però, con il suo accostamento al nazismo, l’adozione delle leggi razziali e l’entrata nella seconda Guerra Mondiale, quelle situazioni erano riapparse e riesplose in tutta la loro evidente gravita, creando nuove guerre civili e nuove tragedie, quali quelle degli esuli e delle foibe.

Tali situazioni di conflitto permangono, ancor oggi, e non sarà certo su basi laiciste e anticattoliche che potranno essere risolte.

Dal termine della seconda Guerra Mondiale, dall’avvento della repubblica, dall’affermarsi dei nuovi partiti (alcuni di carattere decisamente estremista, se pur di sinistra) e, non da ultimo – anzi – proprio dalla celebrazione (1962-1965) del concilio Vaticano II, si è realizzato però, quanto mai inatteso, incredibile e inaspettato un capovolgimento di posizioni dell’alto clero cattolico, italiano e mondiale, fatte per fortuna alcune mirabili eccezioni.

Con lo slogan del dialogo e nel nome dell’ecumenismo, sotto il pretesto della modernizzazione, la Chiesa post-conciliare ha smesso di combattere in difesa dei propri diritti, della propria cultura e nel nome della Tradizione; si è decisamente asservita, passo dopo passo, al mondo, nel volgere di poco più d’una generazione. E così, dopo gli anni di «interregno democristiano», nei quali, comunque, alcuni uomini erano ancora orientati dalla cultura seria della Chiesa, formatasi durante la loro giovinezza e prima del Vaticano II, la neo Chiesa conciliare italiana si è fatta così dialogante, ecumenica e filo-statalista da andare ancor oltre, e diventare una specie di longa manus del globalismo internazionale, dell’europeismo ad oltranza, con Pastori, soprattutto nei posti direttivi della Conferenza Episcopale Italiana, decisamente simpatizzanti delle idee e delle politiche del Partito Democratico. Peggio di così, verrebbe da dire, non poteva succedere! Un tonfo nella dabennagine!

Ottima, pertanto, e benedetta da Dio la voce chiara e pastoralmente forte del vescovo Viganò, che, mentre ringraziamo del suo servizio di Pastore, assicuriamo della nostra stima, condivisione e riflessione, senza se e senza ma.

Nel nome dell’unica Fede della Chiesa, del nostro Popolo, cattolico e fedele, laborioso e onesto, della nostra repubblica Serenissima (conculcata nell’esercizio del suo permanere storico e nei suoi diritti inviolabili e imprescrittibili): W San Marco ! 

Magari avessi vescovi come quelli che lottavano contro il comunismo!
Magari avessimo ancora Pastori seri e preparati, energici e coraggiosi come il card. Giuseppe Siri!

***