DON FLORIANO, Ah, i seminari! Ah, la dignità episcopale!

Che si può seminare in terre del genere? Che si può far crescere?

Pochi giorni fa abbiamo appreso dai mass media che un insegnante, il quale da giovanissimo era stato in seminario a Treviso, ha trovato il coraggio di denunciare per abuso sessuale alcuni sacerdoti. Ho l’impressione ch’egli abbia, purtroppo, delle valide ragioni; non conosco il suo vissuto, ma sono stato in seminario anch’io, ben dieci anni, potrei raccontare tante cose e forse un giorno lo farò. Le questioni legate alla sessualità venivano affrontate solo nei colloqui riservati con il direttore spirituale; ma sarebbe stato necessario affrontare, con assai maggiore schiettezza, pure le questioni economiche e dell’inserimento nell’amministrazione parrocchiale. A quarant’anni esatti dal termine del seminario, invece, ho ancora l’amara impressione che si seguisse, di fatto, un criterio discriminante: che, cioè, la professione dei genitori e il benessere o meno della famiglia, che non avrebbero dovuto pesare nella valutazione, avessero un loro peso, che in alcuni momenti si percepiva benissimo. Sarebbe stato veramente da arrabbiarsi, ma bisognava far finta di niente e tacere, se si voleva diventar preti! Ben consapevoli che il criterio della discriminazione tra figli e figliastri, in base alla ricchezza personale, sarebbe poi durato, in pieno se pur ipocritamente negato, anche dopo il seminario.

Detto questo, mi sento in obbligo di fare un’aggiunta: riferendo l’atto di denuncia dell’ex seminarista, un quotidiano gli ha affiancato una fotografia del vescovo di Treviso che, privo di talare, suona la chitarra. Ma come? È vero che siamo in carnevale, ma i vescovi non dovrebbero mai lasciarsi andare ad uno stile non adeguato al ruolo di successori degli apostoli, giocherellone e frivolo. Altrimenti, invece di diventare vescovi e patriarchi, anche nello stile, dovevano restare semplici preti e fare, magari, i cappellani del rifugio Venezia, cantando a squarciagola «Quel mazzolin di fiori, che vien dalla montagna»! Ma, anche in quel caso, facendo così avrebbero portato le anime alla Fede? Non credo proprio!

don Floriano Pellegrini

Un vescovo serio, S.E. mons. Girolamo Bortignon, che scalò il Pelmo, era amico di Coi e andava a far visita agli ammalati nelle case, senza che nessuno lo sapesse
Portava ancora il titolo di Conte di Piove di Sacco. Ah, come rimpiangiamo questi vescovi, veri Pastori e padri, consapevoli della loro multiforme dignità, d’Ordine sacro e storica
Evangelizzatori e costruttori del Regno di Dio, non massoni, costruttori della fraternità mondiale laica ed interreligiosa

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