DE CARLO, Parole antiche a Oderzo

Museo archeologico “Eno Bellis” di Oderzo, pianoterra; sotto: una sala espositiva.

Del prof. Nerio De Carlo

Da: https://neriodecarlo.wordpress.com/s-t-o-r-i-a/ ; pubblicato pure da «Il Dialogo», Oderzo, maggio 2016.

Sul letto di morte la poetessa Gertrude Stein (1874-1946) chiese: «Qual è la risposta?». Poiché nessuno parlava, sorrise e aggiunse: «Diciamo, allora: qual è la domanda?».

La domanda, appunto. Ci si è mai chiesto quali fossero i nomi dei cittadini e la lingua parlata a Oderzo nell’antichità? L’unico vocabolo nei mosaici opitergini della caccia (terzo secolo dopo Cristo) è ROMANUS. Come spiegato, non si trattava di un nome proprio, poiché l’unicità onomastica non era prevista nell’epoca di specie; non poteva esser, inoltre, un aggettivo privo di contesto; potrebbe invece essere il nome del levriero.

Il sistema uninominale romano esistette già dal secolo VII a.C. (ad es. Romulus, Numitor, …). Comparvero poi nel sistema tria nomina: il praenomen, cioè il nome di persona (solitamente abbreviato alla lettera iniziale nelle iscrizioni lapidarie), il nomen (che specificava la gens di appartenenza) e il cognomen nel periodo tardo repubblicano (modulato sulle caratteristiche personali: a Gneo Marcius fu attribuito il cognomen Coriolanus per le sue gesta nella conquista della città di Corioli). Esempio di tria nomina: Marcus Servilius Quartus, rispettivamente praenomen, nomen, cognomen. Dal secolo II a.C. il praenomen scomparve e rimase la struttura binominale. Nel V secolo d.C. si indebolì anche il nomen e prevalse nuovamente l’uso uninominale.

In realtà, resistevano anche casi di onomastica completa e ampliata, come, per esempio, Marcus Aurelius Marci f. Quinti n. tribu Galeria Antonius Pius, domo Caesaraugusta: Marcus: praenomen; Aurelius: nomen (gens Aurelia); Marci f.: figlio di Marcus (patronimicus); Quinti n.: nipote di Quinto (nome del nonno); Tribu Galeria: tribù di appartenenza (Spagna) [la tribù non aveva comune ascendenza ma una distribuzione geografica]; Antoninus: cognomen (famiglia degli Antonini); Pius: agnomen (per la sua mitezza); Caesaraugusta: città (Saragozza).

I liberti non appartenevano a una gens e adottavano il nome dell’ex proprietario.

Gli stranieri alleati latinizzarono il loro appellativo o lo inventarono.

I soldati ausiliari non romani sceglievano il nome dell’imperatore, aggiungendo il nome originale quale praenomen.

Le donne avevano soltanto il nomen.

Nell’epoca romana il praenomen (nome proprio) era considerato parte della persona e nominarlo era pertanto considerato irrispettoso. Se necessario, il nome era seguito dal genitivo del padre o dello sposo (ad es.: Annia P. Annii senatoris cioè: Annia figlia del senatore P. Annio).

L’epoca a cui risalgono i mosaici di Oderzo è caratterizzata, quindi, dall’onomastica binominale. Romanus è uninominale: quindi non si riferisce a una persona.

Numerosi sono i nomi impressi nelle lapidi conservate nel Museo Archeologico: Marco Fulvio Marcellino, Laetorius, Caio Ato, Januanus, Optato, Crutonio, Laelius, Levio, Aprilis, Peticius e Peticia, Petridio, Pontio, Popilia, Probata, Loeme, Quarta e Lucio, Secondo + Optato + Silvio, Sereno, Fulvio, Pisentia, Sestus, Socellio, Tuberone, Megabocchus, Varo, Veneteio, Vettia, Vettio, Volcenia, Filerone, Ragonio, Plauco…

Nell’ordine si riferiscono a:

* Marco Fulvio Marcellino: nobile locale del sec. II d.C., di origine istriana;

* Laetorius: liberto etrusco;

* Caio Ato: nome di composizione gallica del venetico (raro con una sola “t”);

* Januanus: figlio adottivo = il suffisso “anus” è di derivazione preromana;

* Optato: liberto del periodo giulio-claudio;

* Crutonio: liberto di origine etrusca;

* Laelius: liberto;

* Levio: nome venetico;

* Aprilis: liberto dalmato-istriano;

* Peticius e Peticia: liberto e liberta non romani;

* Petridio: personaggio che non ricorre nell’onomastica romana:

* Pontio: liberto;

* Popilia: nome femminile celtico;

* Probata: liberta del sec. III sec. d.C.;

* Loeme: nome non romano, probabile liberta;

* Quarta e Lucio: liberti;

* Secondo, Optato, Silvio: tre liberti;

* Sereno: dal celtico sarinus (fine sec. I d.C.);

* Fulvio: non è un cognomen romano;

* Pisentia: nome femminile etrusco;

* Sestus: nome gentilizio istriano, cognomen celtico;

* Socellio: nome gentilizio venetico;

* Tuberone e Megabocchus: riferimento a difetto fisico della persona;

* Varo: nome gentilizio veneto (la gens Vara era locale, non romana);

* Veneteio: nome gentilizio venetico;

* Vettia: liberta;

* Vettio: liberto;

* Volcenia: nome di derivazione istro-veneta; cognomen germanico (le Vires erano divinità locali celto-germaniche);

* Filerone: appartenente alla gens di Oderzo;

* Ragonio: straniero del II-III sec. d.C.

* Plauco: non identificabile;

* Nomi ordinali: probabile serie di liberti, tutti non romani, perché i romani non potevano essere schiavi.

Rimane da chiedersi quale lingua si parlasse allora a Oderzo. Per gli atti ufficiali si usava, come ovunque, il latino. Pochi lo sapevano ma non difettava l’emulazione. Il risultato potrebbe essere confrontato con l’attuale competenza linguistica italiana pressi il Monticano, di cui i seguenti aggiornati esempi:

* nelle processioni di qualche decennio fa si sentiva cantare: «Dio di cremenza, Dio sarvator , sarva l’Italia e Roma del tuo sacro cuor»;

* alla richiesta del gradimento di una domenica senza auto, fu risposto: «Piacissimo»! (TG 1, 23 gennaio 2005);

* e che dire di un padrediplomato in un noto istituto, che rimproverò il figlio reduce dalla reiterata rievocazione storica capitolina per aver indossato la maglia con il davanti su per il di dietro?

Per i rapporti personali quotidiani, diciamo così, c’era l’antica lingua venetica (in cui il fuoco si chiamava ougon e l’ombra tna), magari integrata da celtismi e termini pannonici indispensabili alla vocazione commerciale della città.

Poiché le lapidi funerarie indicano soltanto gente in grado di permettersi una tomba, non ricorrendo casati romani, significa che il tessuto sociale abbiente e produttivo di Oderzo era costituito da dimensioni non romane.

Soltanto una storia tossica, di regime, può sostenere il contrario.

Unicamente un letargo esistenziale collettivo, integrato da un impacciato sussiego, può illudersi di modificare il passato.

Notevole è l’istanza, in un compito in classe, di uno scolaro di IV elementare: «Se ci voltiamo indietro, da dove ci hanno detto di andare, quello è il nord».

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