DON FLORIANO, Borgo di Al Tac è il nome giusto dell’attuale Borgo Europa, a Forno

Val di Zoldo, Forno, ponte sul Maè presso il Borgo di Sant’Antonio. Si nota subito la sua raffinatezza estetica e la cura dell’area, che coinvolgeva lo spiazzo antistante la chiesa. In primo piano, a sinistra, la segheria Bottecchia. Sul piano di strada un uomo con un carro (non è carretto, perché ha quattro ruote e non due): viene da Pralongo (Colcerver) e va verso il ponte. A sinistra si vedono le cataste di assi, le pile de bréghe, della segheria e, sempre a sinistra, per buona parte della foto i rami del perèr del Calo (didascalia di V. Lazzaris).

Costituito il Comune di Val di Zoldo, la nuova Amministrazione cominciò ad attivarsi per ottemperare all’obbligo, che aveva, di disporre una nuova cartellonistica stradale. E, poiché i due Comuni di Forno di Zoldo e Zoldo Alto si erano dichiarati ladini, si rivolse, per un parere, allo «Sportello Ladino», istituito pochi anni fa dalla Provincia di Belluno.

A nome dello Sportello, Gianpiero Ponti, per la località ora recante la denominazione ufficiale e in italiano di «Borgo Europa», propose che il toponimo in lingua locale – indicato ovunque sui cartelli stradali della valle – fosse «Pônt de Sant Antòne». Il suggerimento risultò però infondato (fino a un cento anni fa il riferimento a Sant’Antonio non andava oltre il Maè) e l’Amministrazione comunale non se la sentì, giustamente, di adottarlo. Sicché, a differenza di quasi tutte le altre località di valle, per l’attuale di Borgo Europa, restarono, e ancora sono in uso, cartelli con l’indicazione solo in italiano.

Il Ponti aveva inoltre fatto notare che nel «Vocabolario» del Croatto, a indicare questa località, si trova solo il toponimo «Sìega del Kàlo (Pùpol)», con il termine sìega o, in italiano, segheria, al singolare, per cui anche l’eventuale denominazione di «Sìeghe de Sant Antòne» o Le Sìeghe de Sant Antòne», proposta dall’ing. Lazzaris, si configurerebbe (o, se adottata, si sarebbe configurata) come una novità. Il 20 marzo 2018 il Ponti scriveva al Lazzaris: «Mi faccio l’idea che tu stia proponendo una soluzione pratica, interessante, per risolvere la questione della segnaletica per Borgo Europa (toponimo/segnaletica solo in italiano), con un toponimo che, nella specifica forma Le Sìeghe de Sant Antòne non sembra però sedimentato da secoli, ma piuttosto una novità. Dato che, per quello che ne so io, la Sìega del Kàlo non esiste più, non mi sembra male l’idea di un riferimento generico alla presenza di segherie. Dal punto di vista culturale, che deve essere preliminare, propongo di approfondire la ricerca, perché quello che si intuisce immediatamente è che la località è storicamente sede di opifici (spec. mossi ad acqua), e la memoria di questa caratteristica merita di essere conservata. Tra l’altro, non solo di segherie si trattava, mi pare di capire».

Per terzo, non è neppure possibile far rientrare e chiamare la località semplicemente Sant Antòne [l’Abate, non quello di Padova], perché tale nome si riferisce all’area che circonda la chiesa omonima, per cui si dice – ad esempio – che le scuole sono «inte a Sant Antòne».

Racconta l’ing. Lazzaris: «Quando eravamo bambini e, tornati a casa, i genitori ci chiedevano dove eravamo stati, le risposte erano sempre quelle: “Sion stain fuora o inte par Maè, su par la Albela [di proprietá di Kali], su par al Gaaf del Nisio, ia da la Siega [l’ho vista ancora in funzione], su dal Perer del Kalo o fuora par Stradòon [attuale via Roma], ia da la giesia o su par le Cie, su par Skurton per andare a Pralongo o inte par Roia”. Questo era il nostro regno. Da parte dei miei genitori era consuetudine dire: “Inte a Sant’Antone par zi inte a Pralonch” o, meglio ancora, “par peé su a zi inte a Pralonch“. Più tardi venni a sapere da mio padre che il pezzo di strada sotto la chiesa, che poi attraversava il Maé, si chiamava Icheso, e che la zona, sulla destra del Maè, che va da casa nostra fino di fronte a Sotlerie, si chiama Al Tac. – Tornando alle segherie, queste erano due: chela di Kali e chela di Vaina, altri edifici non ce n’erano. Il ponte aveva le pile attuali in pietra (costruite dal genio militare prima della prima guerra mondiale) e sopra era in legno, di pregevole bellezza; anche questo verrà sostituito a metà anni ’60 (in concomitanza con l’allargamento della strada per Pralongo e Colcerver) dall’odierno orribile ponte a cassoni, in calcestruzzo. – La quasi totalità delle aree discendenti da Pralongo era di Kali […]. A Pralongo vi è ancora una fusinela degli Zampolli e prima della sìega di Kali vi era una fusinela o un maglio (come ricorda il documento del Genio Civile), forse detta del Kalo. […] La sìega del Kalo è stata rasa a terra, definitivamente, nell’estate 2017; chela di Vaina, che usava l’acqua del Maé, negli anni `50. La róia, di due metri di larghezza, che alimentava la sìega di Vaina, partiva a Sottolerive in prossimità della Isola e percorreva tutto il Tac; ora non esiste più, gli ultimi trenta metri sono stati sepolti venti anni fa; si potranno recuperare?».

Per quanto fossi favorevole anch’io al toponimo Le Sìeghe de Sant Antòne, e ciò perché il toponimo appare quale «Seghe di Sant’Antonio» in un documento dell’11 maggio 1922 e in un secondo del 15 dicembre 1924 citati nella «Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia», Foglio delle Inserzioni, n. 151, del 2 luglio 1926, p. 2365; anzi: per quanto questi documenti abbiano indiscutibile importanza e una loro recezione ufficiale, pur tuttavia l’affermazione del padre dell’ing. Vittorio Lazzaris («[…] la zona, sulla destra del Maè, che va da casa nostra fino di fronte a Sotlerie, si chiama Al Tac») è certamente prevalente e testimonianza preziosa di un toponimo che, diversamente, sarebbe forse andato perduto.

È questo il vero nome dell’area nella quale, alla confluenza con la Malisia, sorsero da prima un’officina con maglio, dopo la prima guerra mondiale trasformata in segheria, e una seconda segheria. Anche l’accenno a tale officina compare nella pagina citata della «Gazzetta Ufficiale», che trascriverò non appena possibile e pubblicherò in un apposito post. Poiché un’officina è struttura economica e lavorativa importante, il fatto della sua esistenza concorre, assieme alla testimonianza del padre dell’ing. Lazzaris, a consigliare di non soffermarsi sulla sola presenza delle segherie, per quanto queste siano state importanti e all’avanguardia.

Al Tac significa, come ovvio ma è meglio dirlo, Il Tacco, come a dire: «Ai piedi (della montagna)», «Il margine inferiore». Ritengo che la montagna di riferimento sia il Col Cerver o Colcerver, ma non sono del tutto sicuro; è in riferimento a Colcerver o a Pralongo? A Zoldo alto diciamo: «Dal pè de…», ad esempio del Carpè, ossia del pendio per salire a Col e Coi; insomma un po’ come nell’italiano: «Alla base». Il riferimento, in ogni caso, non è a Sant’Antonio, ma alla montagna e ai sovrastanti masi di Pralongo e a quello di Colcerver, i primi rientranti nella Regola di Forno, il secondo in quella di Gòima, anche se poi, arbitrariamente, quando (un duecento anni fa) vennero fatti i due Comuni, Colcerver venne inserito in quello di Forno, rompendo il suo legame storico con la comunità di Gòima e questo fu certamente, per quanto ignorato, uno dei motivi della fine di quello splendido villaggio.

In quanto all’abolizione dell’ampollosa denominazione di Borgo Europa, dal punto di vista linguistico non ci sono difficoltà, perché già è in atto, e ampiamente, l’uso di toponimi in lingua locale e solo locale, senza loro artificiose italianizzazioni o sostituzioni con nomi di fantasia. Abbiamo, ad esempio, Mareson, che bisognerebbe allora affiancare con un Paludoso (o qualcosa del genere, tipo Rovinoso, Franoso, dato che è questo il suo significato), un Coi che dovrebbe fare il paio con l’italiano Colli (o Colline), Col con Colle, Brusadaz con Brusaticcio (o Arido), Iral con Areale, Fusine con Officine, Gavaz con Incavato, Molin con Molino, Pradel con Praticello, ecc. Sarebbe veramente il trionfo del ridicolo. Ebbene, secondo l’adagio Iuxta lex, lex (che qualcuno usa nella forma “Squadra vincente non si cambia”), nel caso dell’attuale Borgo Europa, si lasci, pertanto, ed esclusivamente Al Tac, che è nient’altro che il vero nome della località. E di sicuro nessuno verrà a lamentarsi per aver abolito la denominazione di Borgo Europa che, applicata ad un gruppetto di neppure dieci case, non solo è ingiustificata dal punto di vista linguistico ma patetica!

Val di Zoldo, Al Tac, il luogo dove sorgeva la segheria del Calo è quello ghiaioso vicino agli interrati; in primo piano il piazzaletto davanti alla chiesa di Sant’Antonio Abate.

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