DON FLORIANO, La posa all’Ort di Fior di un pozzetto per la bandiera della Serenissima

La Pala d’Oro della basilica di San Marco

Tutti i visitatori del Baliato dai Coi (i due villaggi uniti di Coi e Col) ben conoscono il giardinetto denominato l’Ort di Fior, perché posto all’inizio del paese di Coi, provenendo da Mareson, e quindi tutti sono costretti, prima a poi, a passarvi davanti. Negli ultimi anni è caduto un po’ in abbandono. Sono lontani gli anni iniziali, quando ospitava oltre cento tipi di fiori, divisi in tre gruppi: quelli ornamentali non autoctoni, più appariscenti; quelli locali, semplici ed umili se pur meravigliosi, e (terzo gruppo) alcuni fiori delle montagne della Carnia, come la Regina delle Alpi, che proprio da qui ha trovato una diffusione nei paesi della valle, mentre fino ad una ventina d’anni fa non era coltivata e quasi certamente neppure conosciuta in Zoldo. Anche la Carnia fa parte delle Terre di San Marco, per quanto ora staccata dalle provincie dell’artificiosa regione del Veneto, priva – così come strutturata – di fondamento storico!

Ebbene, domenica scorsa, 16 giugno, all’Ort di Fior sono arrivati alcuni amici del «Comitato di Liberazione Nazionale Veneto» ed hanno offerto il loro lavoro gratuito per la posa di un pozzetto che reggerà un’asta per bandiera. Non ricordo neppure se l’idea di una bandiera di San Marco all’Ort di Fior fosse partita da qualcuno di loro, durante un incontro amichevole, o fosse stata lanciata da me. Essa corrispondeva, comunque, ad un desiderio condiviso: quello di dare visibilità, stabile e dignitosa, al vessillo della Serenissima. Ho chiesto, perciò, ancora circa un mese fa, all’Ufficio Tecnico del Comune, se fosse necessario avere qualche autorizzazione specifica per la posa di simile asta. Mi è stato risposto ch’era la prima volta venivano interpellati su una questione simile, segno che altri s’erano sempre fatti meno scrupoli legali. L’unica avvertenza che mi veniva data era che, pur situata su un terreno privato (di mia esclusiva proprietà) tale asta avesse una base solida, in grado di non costituire potenziali pericoli; ed è stato per venire incontro a questa legittima richiesta, del tutto ovvia, che gli amici Silvano Viero, Paolo Pin e Giovanni Simioni hanno fatto il detto lavoro e a loro va un sentito grazie.

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Essendo, noi del Baliato, persone che si riconoscono, e dichiaravano ancora nel XVI secolo, vassalli del Serenissimo Principe e persino «suoi Rapresentanti», come avremmo potuto privarci o, addirittura, volutamente non riprenderci, almeno – per intanto – il simbolo storico nostro di Popolo Sovrano? Almeno quello?

In quanto alla dichiarazione di «vassalli del Serenissimo Principe», essa è contenuta in un registro conservato presso l’Archivio Storico del Comune di Val di Zoldo (sezione ex Comune di Zoldo Alto). Si tratta di un fascicolo processuale di grande importanza storica. Il processo si svolse tra il 1583 e il 1584. Lo si può vedere e scaricare, pagina per pagina, in una sua riproduzione digitale fatta per merito dell’ex sindaco Sante Iral, al link: http://baliatodaicoi.altervista.org/fotografie-digitali-del-registro-n-x-della-regola-grande-dai-coi-1583-84/ – Il fascicolo è stato da me integralmente trascritto e analizzato ancora anni fa. Le trascrizione diffusa in internet è visibile e scaricabile al blog del Baliato dai Coi, tre le pubblicazioni della serie «Il Polifoneta» (n. 137, 139, 140, 145, 149, 155, 156, 157, 158, 162 e 163; cfr. http://baliatodaicoi.altervista.org/il-polifoneta/ ).

Il documento n. 96 del detto fascicolo, intitolato «Registro n. X della Regola Grande dai Coi», al foglio 105 recto, documento datato lunedì 27 febbraio 1584, riporta la definizione (anzi: la duplice definizione) che tanto ci coinvolge e impegna, non solo moralmente ma fattivamente.

Alla mattina di quel giorno si presentarono in piazza a Belluno [= ora Piazza del Duomo] davanti al notaio del Vicario del Podestà e Capitanio, rappresentante della Serenissima per la Città di Belluno e il suo territorio (Zoldo compreso), «gli eccellentissimi signor Giovanni Battista Cadola, [ed il] signor Bernardino Barcelloni avvocati dei sette regolieri [fondatori del Baliato]» e svolsero gli ultimi atti a favore dei loro assistiti («Die Lunae 27 mensis instantis [= Februarij] in Plathea Belluni de mane. Costituti coram me Notario excellentissimi dominus Joannes Baptista Cadula, dominus Bernardinus Barzellonus advocati septem regulariorum requisiverunt quatenus videant scripturam ultimo loco productam per partem adversam, ad hoc ut possint. Et illico ego Notarius causae accomodavi scripturam acceptam ab excell.mo domino Viccario».

Lo stesso giorno, dopo pranzo, si presentò dal notaio un delegato degli stessi regolieri, Tommaso [de Pellegrin ossia Pellegrini] dei Coi e rivolse una sua petizione scritta («Eadem die post prandium. Constitutus coram me Notario Thomas dei Coi annotari instetit quatenus produxit infrascriptam Scripturam instando admitti, et intimari parti adversae. Cuius tenor sequitur […]». Ed è in questa Scrittura che Tommaso Pellegrini (allora ancora nella forma de Pellegrin) affermò: «[…] [essere gli avversari, che li avevano chiamati in causa] regulieri dai Coi come nui altri, [perciò non avere] l’uso, l’usufrutto concesso da Sua Serenità à suoi fedeli, ad arbitrio loro, ne si può contra di questo allegare titulo pretenso ò disuetudine di possesso, o per dir meglio di uso, perché il usar, et non usarlo da [una] parte non apporta, ne può apportar maggior Beneficio alli altri di quello li conciede Sua Serenità […]; Adunque l’uso predetto, ò possesso nostro non è per loro asserta urbanità, ma per ragion concessone da Sua Serenità come fideli suoi Vassalli, in qualche ricompensa delle fattioni, che noi faciamo, reali, et personali per Sua Serenità, et suoi Rapresentanti […]».

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Il primo alzabandiera è previsto per il 12 luglio, festa dei compatroni, Santi Ermàgora e Fortunato, da noi detta da sempre «Sagra de le curadure», dopo la S. Messa, che sarà celebrata alle ore 17.

Don Floriano Pellegrini

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