DON FLORIANO, Riflessioni per il presente. Osservando la fotografia di una processione del Rosario negli anni Trenta a Zoppè di Cadore

Il prof. Gabriele Livan ci ha gentilmente fatto conoscere e messo a disposizione la fotografia che oggi pubblichiamo. Essa documenta una processione per la festa della Madonna del Rosario, negli anni Trenta, a Zoppè di Cadore .

Questa pregevole fotografia fa percepire immediatamente con quanta serietà e dignità fosse vissuta la Fede a Zoppè di Cadore in quegli anni e come la Fede fosse un fatto comunitario, in grado di coinvolgere tutto il paese, ossia tutte le persone, per quanto fosse stato loro possibile. Tale dignità e tale Fede, in verità e a onore degli abitanti di Zoppè, lassù, a 1500 metri di altitudine (ma anche quando sono fuori paese) tra essi continuano ancor oggi. Se la Chiesa tutta, compresi noi preti e i famosi vescovi postconciliari, seguisse (seguissimo) di più lo stile dei Cadorini di Zoppè, anziché sbandare lasciandosi (lasciandoci) trascinare da strane mode ideologiche, ad esempio quelle ambientaliste, che rasentano la miscredenza e comunque portano in definitiva ad essa, le cose andrebbero meglio; molto meglio! Non è questione di rimpianti del passato, ma di riconoscimento onesto della serietà di vita del passato. E serietà e onore di chi quel passato non l’ha tradito ma lo imita e prolunga, adattandolo come si conviene e ringiovanendolo in sé ma perpetuandone la sostanza perenne, col trasmetterla alle nuove generazioni e a quelle che verranno, così come tale Fede e tale sostanza di vita di Fede è stata da loro (da noi stessi) ricevuta e fino al presente attuata.

E sanno, questi ricevitori e trasmettitori della Fede, che, così facendo, i loro figli e i figli dei loro figli saranno forti, nella spirito e nella psiche, e non delle persone sbandate e fragili, come si riducono ad essere tanti giovani sicché se, per disgrazia, giunge loro qualche difficoltà appena un po’ più grossa di quelle che erano abituati ad affrontare (essendo abituati dai genitori ad essere serviti, accontentati e riveriti in tutto), si buttano al vizio o compiono scelte devastanti, che lasciano tutti scossi e inorriditi, ma impotenti. Quell’impotenza, in quei momenti così lancinante, potrebbe però e può essere prevenuta; sì, prima di allora si può e quindi si deve agire con il curare il male dello sbandamento spirituale e della fragilità interiore con l’aiutare a percepire e fondare la propria vita su valori che siano veramente tali, valori che valgono, diciamo così, per i quali e sui quali cioè ci si convinca e si sia convinti (in se stessi, non davanti agli altri, fossero pure i propri cari) che vale la pena di vivere. Prima che il male dello squallore interiore e del buio psichico s’incancrenisca, bisogna perciò che siano fornite dosi sostanziose di Fede e testimonianze autentiche, robuste, virili, convincenti in sé e non per aggiunte parole, della forza che da essa deriva.

Quando, ad esempio, si parla di sacralità della famiglia, di sacralità delle questioni religiose e attinenti a Dio, al sacerdozio e alla Chiesa, di senso della Patria, di rispetto del lavoro e dei lavoratori, e vicendevole, di tutti, sapendo di essere tutti (come insegna Gesù Cristo) figli di Dio, sia pure adottivi e non per natura eterna come invece è lui; di essere tutti figli di un Dio padre e onnipotente e non di un Dio minore, sì dell’unico Dio, di ricchi e di poveri, di giovani e di anziani, di sani e di malati, di noi tutti esseri umani, più o meno santi e più o meno peccatori quali siamo; quando si parla – come parlo – di queste realtà e di questi valori non si può essere accusati di fare delle nostalgie del passato e di emarginarsi dal presente.

I valori non hanno tempo, non conoscono le categorie dell’ieri e dell’oggi come neppure quella del domani; il male è e sarà sempre, come è stato prima d’ora, male; così il bene sarà sempre, come è sempre stato, bene, alla pari dell’oro che è oro e il fango è fango, due realtà ben distinte, e non ha alcuna importanza la data di quando essi venissero per caso alle nostre mani.

Invece la derisione del sentimento della famiglia, della serietà dei costumi affettivi personali (nonostante le pulsioni che ben conosciamo) e dell’orientamento al matrimonio, in linea generale e senza voler mancare di rispetto a chi tale orientamento non ce l’ha o non riesce a dargli sèguito, il dire che andare a Messa non serve a nulla e pregare è una perdita di tempo, che la Madonna non aiuta o è come non esistesse, che la Chiesa è allo sbando e i preti ne combinano di tutti i colori, dir questo e altro di simile non è un aiutarsi l’un l’altro ad aver forza dentro e a fare della propria esistenza qualcosa di pulito e grande, ma è uno sfiduciarsi vicendevole. D’accordo, ci sono le cose che non vanno, e chi non lo sa? Nessuno ha mai preteso che qui sia il paradiso e scandalizzarsi un po’ troppo è un mostrarsi ingenui o maligni anziché persone per bene, quali si vorrebbe far credere di essere. Che significa, infatti, se non morbosità e non certo virtù quel guardare, anzi andare a caccia con insistenza degli errori degli altri? Perché non mettercela tutta, invece, per cercare di scoprire quel che gli altri fanno di bene e per vivere onestamente e con Fede, nonostante tutto e indipendentemente da tutti, e seguirli piuttosto nell’esempio di bene che si può incassare a proprio guadagno senza spendere un soldo? Tanto più che è di questi ultimi e positivi esempi che abbiamo non solo bisogno, ma bisogno estremo e che diventino e siano percepiti come il fior fiore del patrimonio morale e di coscienza di una comunità. Una comunità non si regge e non va avanti per gli esempi negativi che riceve, ma per quelli positivi, che dunque devono essere conosciuti, raccontati, memorizzati, senza stancarsi di farlo, dando per scontato che se ne sia già parlato abbastanza. Chi cerca e diffonde gli esempi negativi non costruisce comunità, ma la disfa; è un perdente, che cerca di trascinare nel fallimento suo personale qualche altro, come il vizioso cerca altri viziosi, il drogato altri che si droghi, l’infedele altri infedele, l’alcolizzato altri alcolizzati. Anche chi fa il male si raggruppa; abbiamo bisogno di essere comunità nel bene, fondati su esempi positivi concreti, di persone concretamente conosciute e parte della comunità medesima!

Il buttare sul ridicolo la liturgia antica, i canti gregoriani e quelli della nostra Chiesa madre di Aquileia (questo vergognoso sputarle in faccia mi fa scattare di indignazione), mi hanno fatto mille volte trasalire, soprattutto quando venivano fatti da qualche confratello, convinto d’aver scoperto chissà che nelle ultime mode liturgiche e spirituali; confratelli da compiangere. Il Vangelo non l’abbiamo inventato noi oggi, né l’hanno inventato ieri, è l’unico di sempre! Non passa giorno, si potrebbe dire, che non mi accorga del tornado Vaia che ha colpito la Chiesa con la scusa del concilio Vaticano II e del riformare alcune cose, come pur era necessario e più che necessario fare, per buttare tutto gambe all’aria, anche quello che andava bene e più che bene. Quanti delitti sono stati compiuti in nome del concilio Vaticano II !

Non ho in me alcun senso di rimpianto per un passato che, tra l’altro, pur avendo una certa età, non ho alla fin fine neppure conosciuto, se non nelle sue ultime realizzazioni temporali; so apprezzare le innovazioni tecnologiche, abitative, di vita dell’oggi e cerco di giovarmene, e lo faccio non controvoglia ma ben volentieri; ho curiosità di apprendere e gusto di scoprire i nuovi ritrovati della tecnica. Ma, poi e nel frattempo, mi chiedo che sia per me, effettivamente e spiritualmente, tutto questo moderno. Non basta avere a disposizione mezzi migliori per essere migliori o fare una vita migliore. Se, assieme ad un computer nuovo, vengo spinto, nei messaggi che subdolamente o apertamente mi arrivano, al tradimento delle realtà belle e grandi che hanno segnato il percorso della mia anima e, per secoli, quello d’anima delle nostre Comunità, che giova la rincorsa frenetica al moderno dell’ultima ora? Come dimenticare i valori che hanno dato forza, serenità e tanta, tanta gioia e dignità ai miei cari? Che me ne farò mai della modernità tecnologica se, come dice Gesù Cristo, intanto perdo me stesso, la mia identità più vera, la mia unicità, la mia anima umana oltre che spirituale? Cos’è questo cercare, che hanno i diffusori e padroni delle nuove tecnologie, di ridurci tutti a un’identità neutra, ad una specie di campo di concentramento politico e amministrativo? Questo pretendere che ci riconosciamo e dichiariamo senza identità specifiche, storiche, culturali, geografiche, sessuali, spirituali, religiose o d’altro genere? Come fossimo tutti figli di nessuno, degli zombi, prodotti biologici da loro programmati per essere i consumatori dei loro prodotti tecnologici, nulla più che un casuale e caduco prodotto biologico in un universo senza volto, senza Dio, senza un cuore pulsante, per noi, qui e anche dopo la morte fisica; e ci insegnano che, in questa situazione di zombi tecnologicamente programmati, non dovremmo provare né amore né odio, né speranza né rimpianto, né senso del passato né quello del presente e del futuro, né attaccamento, e tanto meno orgoglio, per la propria Terra, per la propria Patria, la propria casa, il proprio paese, la propria famiglia e i propri cari; al contrario, ci suggeriscono che, per essere moderni, bisogna biasimare tutti questi sentimenti, distaccarsene una volta per tutte…

Ah, diabolici!, e infelici quelli che ci credono e per un moderno piatto di lenticchie, corrispondente ad un modello più aggiornato di smartphone, rinunciano a se stessi, alla propria identità! Se del caso, per opportunismo di quieto vivere e sempre più di frequente, anche alla propria Fede. Arriveremo al punto di vergognarci della Fede? Arriveremo al punto di non sentire più il desiderio e il dovere, di gratitudine e di affetto, di andare a mettere un fiore sulla tomba dei nostri cari defunti e di far celebrare per essi delle sante Messe? Si arriverà al giorno in cui ricordando la storia cristiana dei nostri paesi ne sentiremo rossore? Solo pochi anni fa queste domande, tremende e sconvolgenti, non sarebbero neppure sorte in me. Certi valori erano dati per sicuri, sicurissimi; ora anch’essi qualcuno, ridendo e scherzando, ci dice che non lo sono affatto, che siamo dei retrogradi a crederlo. Ora possiamo e dobbiamo chiederci, tremando e fremendo di sdegno, se non stia per avvicinarsi un giorno di tenebre spirituali per le nostre anime e per i nostri paesi, per la Chiesa; un giorno nel quale i traditori della Fede, presentandosi per modernizzati, liberati, progrediti e illuminati artefici del nuovo, definitivo e indiscutibile ordine mondiale, festeggeranno il traguardo trionfante del definitivo superamento e abbandono di quelle tradizioni che, proprio perché non le avevano mai capite o meglio volute capire nel loro valore sublime, ridicolizzavano e calpestavano. E noi non ci siamo opposti con sufficiente forza, a stroncare quegli angeli di menzogna voluta; perché, sia chiaro, al Maligno non interessa il bene, ma il male, e che il bene della vita e della verità sia disprezzato e distrutto. Sono convinto, tuttavia, che, se anche le cose hanno preso questa piega verso gli inferi, non otterranno che delle conquiste parziali, sia pur con la caduta solenne e fragorosa di qualcuno che si spaccia per intoccabile o, comunque, che non avremmo mai creduto passasse dalla parte dei nemici della Fede della Chiesa.

Se siamo, come siamo, in una situazione nella quale è da avere le idee lucide, per non trovarci ad un punto di non ritorno, e in situazioni culturalmente e spiritualmente sempre più difficili, perché non dire tutto ciò in modo più chiaro e tondo di quanto non si faccia ora, senza paure e scrupoli di mancanza di riguardo per chi non ne merita alcuno, non avendone egli alcuno per noi e per i nostri valori più sacri? Sarebbero scrupoli di rispetto per chi con la scusa della modernità (contro la quale non abbiamo nulla, presa in se stessa, anzi, come detto sopra, ne godiamo), cerca di trascinarci in giù, al suo basso livello morale; ed esso un domani diventerà, per forza di cose, anche economico, familiare e sociale, perché bene e male sono collegati in un’unica catena, e sarebbe da pazzi credere che il disprezzo della morale, della Fede e della serietà di vita non intacchino e compromettano, prima o poi, la propria serenità psichica più segreta, i rapporti con gli altri nella vita comunitaria, sul lavoro, persino a livello di guadagni e di senso e gestione dei risparmi.

A parte questi aspetti materiali, che pure non sono irrilevanti, la Fede vissuta oh quanto bene, in tutti i sensi, ha fatto ai nostri Paesi, nei nostri Paesi!

Io non me la sento di cambiar rotta, non vedo il motivo per farlo e mi stupisco di quanti, anche sacerdoti e vescovi, lo fanno, andando avanti come le caprette, un po’ a destra e un po’ a sinistra ma mai in modo lineare, come pur sarebbe tanto semplice fare; ma no, non lo fanno perché secondo la loro sensibilità l’ordine, la chiarezza e la logica sono realtà troppo costringenti, che sanno di insopportabile e di prigione. Sono convinto, al mille per mille, che stiano sbagliando, di grosso e, per dirla tutta, non mi appaiono più neppure quali veri parroci, veri sacerdoti, veri vescovi, ma dei buffoni in cerca di un quarto d’ora di successo mondano!

Continuo sulla strada che mi hanno insegnato mio padre e mia madre. Ho il cuore commosso e grato al loro ricordo e, per quanto abbia anch’io vari punti di vita non coerenti e pecchi purtroppo ora in questo e ora in quello, riconosco però, e fermamente, che il loro insegnamento è quello valido. Magari pregassi con l’intensità che avevano essi nella preghiera, e ardesse in me quel che di grande che sentivo vibrare nella loro anima mentre io non riesco ad averlo, chissà perché, pur essendo sacerdote ed essi dei laici. Riconosco che devo stare con le orecchie attente, dentro, nel cuore, per riascoltare le loro parole, i loro insegnamenti, anzi: i loro ammaestramenti, tanto umili nel tono di voce quanto grandiosi nella sostanza. E, nel farlo, non mi sento, e so per certo di non essere affatto, un antiquato (come, in vero, quasi nessuno si permette più di dirmi) ma persino più avanti in umanità di tanti frivoli modernisti, banderuole al vento e caprette – dicevo sopra – mossi e mosse da quell’aria saccente che hanno tutti quelli che si sono lasciati plagiare il cervello dai modelli televisivi e non sanno quanto sia bello ed utile ispirarsi, da se stessi e secondo coscienza, agli esempi pratici appresi dai propri cari e dai paesani, oltreché dalla propria esperienza diretta. Che anime vuote di Dio, che teste piene di ciance, parole che hanno una parvenza di vero e di bello solo perché tinte da un po’ di rossetto! Sia lodato Gesù Cristo; egli trovi in noi, con la sua grazia, dei discepoli leali, dei continuatori dei cristiani delle precedenti generazioni, non dei traditori di Lui e di loro!

don Floriano Pellegrini

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