GHEZZO, Belluno ripristini la via Tedesca!

Articolo inedito del colonnello dott. Corrado Ghezzo. Esso fa idealmente seguito al nostro, del 3 c.m., sullo stesso argomento. Pubblichiamo ben volentieri questi suoi appunti di linguista professionale, convinti che meritino attenzione culturale e, per l’intervento dell’Amministrazione comunale, un seguito fattivo.

Esiste a Belluno un importante problema di toponomastica cittadina.

La città di Belluno aveva, già dalla fine del 1300, una consistente presenza di Tedeschi (così venivano chiamati), ossia di Centro-Europei, che, in transito, soggiornavano nel borgo Todesco o Theutonico. Erano mercanti, che si recavano a Venezia, al Fondaco dei Tedeschi, per i loro affari; o pellegrini, che a Venezia si sarebbero imbarcati per la Terrasanta. Il borgo si estendeva da piazza del Mercato al palazzo vescovile di allora, poi Auditorium. Al centro vi era una contrada, denominata «Contrada de Burgo Todescho» o anche «Contrada de Borg Todesk» o in maniere simili, come appare dai numerosi rogiti notarili conservati presso l’Archivio di Stato di Belluno. Un manoscritto dello storico Giorgio Piloni, il n. 497, conservato nel Fondo Museo della Biblioteca Civica, recita: «Burgus Thodescus erat… anno 1401». La contrada costeggiava il palazzo dei nobili Crepadoni (il palazzo Crepadona), attualmente sede della Biblioteca Civica, per cui la via di accesso ora è denominata Via Crepadoni.

Dell’antico nome di via Tedesca vi è traccia, più di recente, ad esempio in una lettera della Guardia Militare di Polizia, del 1865, alla Congregazione Municipale, che parla proprio di via Tedesca; il nome si trova documentato anche nell’Archivio Comunale di Belluno, Sezione Odonomastica. Oggi come oggi, il nome è ancora ricordato solo da qualche anziano.

Nella frenesia del secondo dopoguerra, infatti, alla via venne cambiata denominazione. L’Amministrazione comunale di allora, espressione del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) provinciale, ritenne che i Tedeschi dell’Alpenvorland (che, tra l’altro, non erano affatto dei Tedeschi, ma contadini e montanari delle vicine valli atesine) non meritassero ci fosse in città una strada loro intitolata e che, quindi, bisognasse cambiare il nome secolare a quella che lo portava, ignorando lo sfregio, in tal modo, compivano verso la cultura storica della città, poiché tale via aveva rappresentato per secoli, in positivo, e con quelle presenze umane, il cuore pulsante di Belluno. A Venezia, per esempio, a nessuno venne o sarebbe mai venuto in mente di cancellare l’antica denominazione di Fondaco dei Tedeschi; a Belluno, incredibilmente, è successo!

Mi appello quindi alla sensibilità degli studiosi cittadini e, loro interprete, dell’assessore comunale competente in materia, per far riemergere – pur consapevole delle possibili difficoltà burocratiche – l’antico nome di via Tedesca, che nulla ha e aveva a che fare con le vicende della seconda guerra mondiale.

Sarebbe, tra l’altro, un piccolo ma prezioso gesto di riavvicinamento agli Altoatesini (o, meglio, Sudtirolesi). Essi hanno poca simpatia verso i Bellunesi non solo per questioni legate al mercato turistico e all’impatto ambientale per l’inquinamento automobilistico dei passi dolomitici, ma anche per alcuni problemi storici irrisolti, che condizionano in negativo i rapporti vicendevoli. È inutile negare, ad esempio, che, soprattutto a guerra finita, i tedeschi del Polizei Regiment Bozen che si arrendevano, e quindi erano da considerare e trattare come prigionieri di guerra, hanno subito invece immani sofferenze da parte dei partigiani, mai ricordate nelle celebrazioni ufficiali, ma ben note agli Altoatesini delle vicine vallate. È inutile, anzi deleterio, continuare a negare certe verità! Un gesto semplice, come il recupero del nome storico di una via della città, (tolto solo per odio politico nei confronti delle popolazioni germaniche), gioverebbe pertanto anche al superamento del clima di diffidenza che ancora, assurdamente, esiste nei confronti di tali popolazioni.

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