MATTIOLI de MARIA, Diario dell’invasione di Zoldo nel 1917-18

Forno di Zoldo, cartolina senza data ma di più di 100 ann

Introduzione di don Floriano Pellegrini:

È un onore per me poter presentare la trascrizione d’un diario inedito riguardante la valle di Zoldo. L’originale è coperto da diritti d’autore e l’utilizzo è stato concesso su licenza dell’ americana Creative Commons (n. CC-BY-NC 4.0., il testo integrale della licenza è in: https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/deed.it ); la trascrizione, comunque, è sempre, come tale, di chi l’ha fatta, ovvero del dott. Pietro Monego, che ha così acquisito un ulteriore, grande merito in ambito culturale e che continua a stupirci per la capacità di risultati eccellenti.

In internet sono pure disponibili i testi, pagina per pagina, in riproduzione digitale, alla quale si può sempre andare per un confronto o una curiosità (link: https://www.omnia.ie/index.php?navigation_function=2&navigation_item=%2F9200217%2FBibliographicResource_3000052890251_source&repid=1 e, da lì, ad es., sulla Web Page).

L’autrice del manoscritto, sinora inedito, è la signora Ersilia Mattioli, nata a Bologna il 12 settembre 1882 e moglie dell’allora farmacista di Forno di Zoldo, dott. Giulio de Maria; all’epoca del fatti aveva, pertanto, 35-36 anni. La Mattioli intitolò il suo manoscritto: «Diario dell’anno dell’invasione nemica (7/11/1917 – 30/10/1918)». Più che parlare della comunità di Zoldo, cui pure accenna – e sono accenni preziosi – lo scritto ha un carattere autobiografico. In esso l’autrice più che descrivere, si descrive, in rapporto ai tragici fatti del momento, che esprime con lucidità e coraggio. Mostra di avere una personalità energica e scaltra, sensibile e femminile ma non debole e sognatrice. Attiva ed estroversa, intraprendente come non mai, fa da tramite tra le autorità militari occupanti e quelle comunali di Zoldo; a lei si rivolgono o, almeno, guardano i potenti ed i semplici, affascinati e rincuorati e sa destreggiarsi alla grande, a volte affrontando rischi assai elevati, tant’è che si accorge di essere pedinata da un gendarme in borghese e più d’una volta viene imprigionata. Ma ha o deve aver avuto un suo fascino, che le permetteva di fare quello che, poco meno di trent’anni dopo, avrebbe fatto in Zoldo la contessa de Obligado, sia pure in termini assai più ridotti e informali; ma l’atteggiamento è identico.

Ancora complimenti vivissimi e sentiti ringraziamenti al dott. Monego.

Il PDF con il testo è al seguente link:

Per dare subito la possibilità di leggere qualcosa, trascrivo qui, a mia volta, l’ultima giornata del diario, quella del 4 novembre 1918:

4 NOVEMBRE 1918

Trascorrono tre, quattro giorni di trepida aspettativa. Giungono notizie incerte. Si dice: «I vostri sono già arrivati a Vittorio, a Belluno, a Longarone». L’orgasmo [=l’agitazione] in paese è indescrivibile. Molti accorrono a Longarone. La mattina del 4 novembre arrivano finalmente in Zoldo i bersaglieri ciclisti. In un accorrere da tutte le parti al grido di «Evviva i bersaglieri, evviva l’Italia». La commozione che traspare da tutti volti è immensa, la realtà ci sembra un sogno. Alcuni trombettieri si dispongono in circolo e intuonano la fanfara. Alle prime note un grido unanime si solleva da tutti i petti; il nostro orecchio dopo tanto tempo ode musica italiana; molti non sono capaci di articolare parola, ma hanno le lacrime agli occhi. Tutti si accalcano attorno ai bersaglieri, toccandoli, accarezzandoli, stringendo loro la mano, a far loro mille domande, una seguita dall’altra, senza quasi attendere la risposta, tanta è la smania di avere notizie dall’Italia e di sentire parlare la nostra lingua. Il comandante ci racconta che abbiamo già preso Trento e Trieste. Ma è mai possibile? Sarà male informato! Ma come!? In così pochi giorni i nostri soldati sono stati capaci di cacciare il nemico molto al di là dei vecchi confini? Ma questo è un miracolo. Ah!, la nostra grande madre Italia è ben diventata potente; questa strepitosa vittoria ben cancella la ritirata di Caporetto. Quale giorno il 4 novembre 1918! Chi potrà dimenticarlo? Soltanto a noi invasi è riservata la gioia di sentire questo sublime avvenimento. Esso ci fa proprio dimenticare il terribile passato.

Mi affretto a riportare al sindaco la medaglia d’oro data dal nostro re al comune di Forno, meritata nelle guerre per l’indipendenza d’Italia, che avevo avuto l’onore di conservare e difendere dal nemico durante l’invasione. Il sindaco la unisce alla bandiera decorata, così che dopo un anno essa riprende il suo posto, più bella e più fulgida, mentre il sole fa risplendere maestosa la testa del nostro re, che sembra ci dica: «Anche voi invasi, costretti a ben dura prova, siete veri figli d’Italia, anche voi siete degni di appartenere ad essa». Un solo grido di «Evviva l’Italia, evviva Savoia», corona l’atto del sindaco, sempre calmo e sorridente. Arriva pure una compagnia di arditi nel loro simpatico costume; s’avanzano a passo rapido, guidati dal tenente Ugo Gardano del 37° d’assalto. Altri evviva salutano gli autori della nuova Italia. Intanto, durante la giornata continuano ad arrivare arditi e soldati di altre armi, artiglieria ed affini. Fra gli ufficiali noto il colonnello Grivulzio, i tenenti Né, Spandra e Lenzoni degli arditi, il capitano di artiglieria Viel e tanti altri, di cui non ricordo il nome. A questi ufficiali offro tabacco e sigarette, unica cosa che ho potuto conservare dall’invasione austriaca.

Il paese è in festa; dal palazzo municipale e da molte case sventola il tricolore; soldati e borghesi si uniscono, passeggiando assieme, e si scambiano notizie e informazioni. È giunta l’ora del rancio; in un angolo della piazza la cucina è improvvisata ed in breve i nostri bravi soldati dividono il rancio fumante coi poveri del paese. Soldati d’Italia, che siate benedetti!

Val di Zoldo, cartolina illustrativa del tempo della Grande Guerra (lato a)
Val di Zoldo, cartolina illustrativa del tempo della Grande Guerra (lato b)
Forno di Zoldo, cartolina viaggiata nel 1905 (lato a)
Forno di Zoldo, cartolina viaggiata nel 1905 (lato b)

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