POLESAN, 2008, La «Marcia di Radetsky» è una musica anti-italiana

La grande lapide a Mezzo Canale di Zoldo in ricordo dei fatti d’arme anti-Austriaci del 1848

Articolo, in forma di lettera, di Nani Polesan, di Padova, pubblicato su «Il Gazzettino» di Belluno, 27 gennaio 2008, p. 13; ripubblicato quale Litterae n. 25 del Baliato dai Coi, l’11 maggio 2010. L’autore, pur di Padova, crede di essere un italiano anziché un veneto; pur con questo limite, tutt’altro che piccolo, è interessante (per quanto penoso) rileggere quanto scrive.

Il 6 maggio 1848, prima guerra di indipendenza, una formazione austriaca, comandata sul campo dal conte Eduard Clam Gallas, sconfisse l’esercito italiano a Santa Lucia, sobborgo di Verona. A magnificare questa vittoria Johann Strauss padre compose una marcetta, che dedicò al maresciallo Radetsky, allora comandante in capo.

Nell’incedere degli anni, il ritmo più giocoso che militaresco favorì lo scandire del tempo musicale con il batter delle mani e, purtroppo, anche di taluni recenti tacchi chiodati.

Ma questo forse sarebbe il meno perché la Marcia, nei territori asburgici, diventò la «grida» contro ogni nemico, in primis et ante omnia quello italiano.

Sarebbe ipocrita ignorare che tutte, ripeto tutte, le bande sud-tirolesi abbiano la marcetta in repertorio ed il cui motivetto venga suonato non certo per far batter le mani all’auditorio, ma per significare l’odio atavico per noi italiani.

Credevo di essere tra i pochissimi a stigmatizzare quanto in enunciato. Ma nel «Bollettino mensile del Circolo culturale armigeri del Piave», giugno 2007, un socio dice esattamente: «…quando un austriaco o meglio un sudtirolese vuole manifestare la sua foja antitaliana, che ti fa? Suona o fa suonare la Radetsky Marsch. Il brutto è che gli italiani non lo sanno e, belli e buoni, partecipano a questi battimani e si divertono al pensiero che altri dicano: “Ma quanto sono mone questi italiani”».

La Venezia Tridentina, ossia un’invenzione geo-politica del Regno d’Italia, invasore del Sud Tirolo. Gli Italiani, nel senso di politici italiani collaborazionisti del Regno e della Repubblica, sono un modello in negativo di persona infida e spregevole; gli attuali non sono altro che l’ultima generazione di simili bassezze umane

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